Ne ha fatta di strada Kae Tempest, a livello sia personale sia artistico. Ha composto tre opere teatrali, un romanzo, sei libri di poesie e un saggio. Per non parlare della musica: i primi due album sono stati candidati ai Mercury prize (il secondo, Let them eat chaos, in futuro sarà considerato tra i più originali del millennio). Con il terzo, The book of traps and lessons, prodotto da Rick Rubin, Tempest faceva una svolta minimalista. Ora arriva il quarto album, The line is a curve, un altro passo avanti. È il primo lavoro dopo il suo coming out come trans non binario e la scelta di usare per sé il pronome neutro inglese they/them. Tempest ha definito The line is a curve un disco più personale. E lo dimostra il primo piano del suo volto in copertina. I testi non sono mai stati così intimi. Inoltre lo stile dei brani è più rilassato e fluido. C’è una forte presenza dell’elettronica, ma non c’è più quell’atmosfera spigolosa e post-dubstep. Priority boredom comincia con onde glaciali di sintetizzatori, che aprono la strada alla raffica di parole di Tempest. È un inizio notevole, che migliora ancora con la traccia successiva, I saw light, dov’è presente uno dei tanti ospiti del disco, Grian Chatten dei Fontaines D.C. I saw light è un pezzo eccezionale, intimo come un confessionale. Anche Lianne La Havas si dimostra una collaboratrice straordinaria in No prizes: la sua voce piena di sentimento contrasta perfettamente con lo spoken word di Tempest. Altri brani, come Salt coast e Move, funzionano meno perché la musica soffoca un po’ le parti vocali. Kae Tempest resta uno dei più innovativi artisti britannici e, nonostante un paio di passi falsi, The line is a curve è ricco di spunti. Un ascolto appassionante.
Gordon Rutherford, Louder than War
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Questo articolo è uscito sul numero 1455 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati