Da più di due settimane Shanghai, la capitale finanziaria della Cina, è in lockdown. Il governo ha difficoltà a rifornire i suoi 26 milioni di abitanti di beni di prima necessità, anche perché le forniture sono paralizzate dalle rigide norme secondo cui tutti i casi di covid-19, compresi quelli asintomatici, devono essere isolati nelle strutture per la quarantena. Molti riferiscono di aver finito le medicine, mentre i bambini contagiati sono stati separati dai genitori. La crisi ha innescato un dibattito interno: la strategia che ha permesso alla Cina di evitare una seconda ondata della pandemia è ancora valida ora che gran parte del mondo è tornata alla normalità grazie ai vaccini? La Cina è l’unico paese ancora isolato dal resto del pianeta.
Pechino non sembra avere intenzione di cambiare rotta. L’agenzia di stampa statale Xinhua sottolinea che “la strategia ‘zero covid’ resta cruciale” e che “abbassare la guardia avrebbe conseguenze disastrose”. I funzionari cinesi citano l’esempio di Hong Kong, dove un focolaio della variante omicron ha provocato ottomila morti, in gran parte anziani non vaccinati. Oggi Pechino è di fronte a un dilemma: un’apertura potrebbe provocare molte morti, ma gli esperti sottolineano che uno dei principali motivi dell’esitazione vaccinale è proprio la sicurezza offerta dalla strategia “zero covid”.
In un certo senso la Cina è vittima del proprio successo, anche a livello politico. Per due anni il governo ha contrapposto il proprio modello a quello attuato in occidente, dove i tassi di mortalità sono stati molto alti. Cambiare linea significherebbe smentire questa retorica, tanto più che il presidente Xi Jinping presenta la vittoria sul virus come uno dei suoi grandi successi. Proseguire lungo questa strada però significa moltiplicare i costi economici e sociali della pandemia. Forse la Cina dovrebbe studiare l’esempio dei paesi che hanno revocato le restrizioni seguendo le indicazioni della scienza, come Singapore, che ha spinto i suoi cittadini a vaccinarsi fissando un calendario per la riapertura. Altrimenti la cura potrebbe rivelarsi peggiore del male. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati