Il romanzo d’esordio di Amy Jo Burns rivisita criticamente il mito degli Appalachi. A narrare gran parte della storia è Wren, la figlia adolescente di Briar, un predicatore della Virginia Occidentale (di quelli che usano i serpenti velenosi nei loro riti). È un duro sia come predicatore sia come padre, il che lo rende una forza oppressiva nella vita di Wren e di sua madre Ruby. Dopo che la più cara amica di Ruby, Ivy, è gravemente ferita, l’imposizione delle mani di Briar sembra salvarla. Ma poi nessuno ascolta il medico quando Ivy sviluppa una bronchite e muore. La religione, per Wren, diventa non solo un’illusione ma anche una minaccia mortale. Burns alterna una serie di flash­back che approfondiscono i primi corteggiamenti di Ruby con Briar, le sue rivalità romantiche con Ivy e la sua relazione “toccata e fuga” con un giovane venditore ambulante. L’eredità di Wren è complicata e pericolosa. La figlia del predicatore suona come una storia antica. Burns fa pochi riferimenti contemporanei e si rivolge invece al paesaggio, ricco tesoro di metafore. Tutto questo può a volte diventare un po’ strano. Ma rendere strana l’ambientazione fa parte della missione di Burns: la tradizione non fa bene a Wren, cresciuta con una serie di presupposti perversi sul genere e sulla necessità di nascondere gli abusi per il bene dell’ordine. Meglio sfuggire alle vecchie leggende, suggerisce Burns, dimenticare le frasi incompiute degli altri, e scrivere le proprie.
Mark Athitakis, Los Angeles Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1457 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati