Jean-Christophe Rufin è un uomo dalle mille vite. Medico, pioniere dell’ong Medici senza frontiere, accademico, romanziere di successo, coltiva anche una passione non tanto segreta: la montagna. Non sorprende che abbia fatto delle alte montagne l’ambientazione del suo nuovo romanzo. Basato in parte sul racconto di un amico, Fiamme di pietra è una bella storia d’amore tra due persone che la montagna unisce e allontana. Guida alpina a Chamonix, nel cuore del massiccio del Monte Bianco, Rémy ha una relazione dopo l’altra. Come una sorta di “gigolo della neve”, preferisce conquiste facili (e stagionali), e percorsi frequentati, a differenza di suo fratello, alpinista di alto livello. Fino al giorno in cui il protagonista s’innamora di Laure, una cliente neofita che lavora a Parigi nell’alta finanza. Un abisso separa i due amanti. Fiamme di pietra esplora il percorso roccioso che dovranno intraprendere l’uno verso l’altra. E a volte si ha l’impressione, con l’avanzare del romanzo, che la passione per la montagna e quella amorosa siano altrettanto pericolose. “Sono stato immerso per anni in questi luoghi, in queste atmosfere e in queste luci”, spiega Rufin. “E tutto questo romanzo è un pretesto per fare una specie di inno, un omaggio alla montagna, uno dei pochissimi luoghi in cui accettiamo l’idea che possiamo semplicemente assumerci la responsabilità della nostra vita. Un tipo di libertà che forse esiste solo in mare e in montagna”.
Christian Desmeules, Le Devoir
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Questo articolo è uscito sul numero 1476 di Internazionale, a pagina 95. Compra questo numero | Abbonati