Adem Naït-Gacem è un uomo coraggioso che decide di buttarsi alle spalle una vita confortevole e di lanciarsi in un’esistenza avventurosa sulla quale non avrà alcun controllo. Quando sua moglie Dalal lo lascia per un altro uomo, il dolore per la fine del matrimonio è così profondo che Adem abbandona il suo lavoro d’insegnante e decide di diventare un vagabondo. Sopravvive aggirandosi su percorsi improbabili e incontrando personaggi molto particolari che lo aiutano ad andare avanti. La trama psicologica s’infittisce man mano che andiamo avanti nel romanzo, ma la forza trascinante della narrazione sta nella sua miscela di avventura, saggezza popolare e filosofia di vita. Tuttavia, se Adem è il protagonista, il personaggio di Mika il nano è ancora più intrigante. Grazie al suo fisico sgraziato, alla sua forza di carattere e alla sua generosità nei confronti di Adem, Mika svolge il ruolo di un angelo custode, di un salvatore in un mondo dove regnano malvagità, cattiveria, tradimento e astuzia. Yasmina Khadra crea brillantemente un Don Chisciotte e Sancho Panza algerini, a zonzo per le campagne di un paese che si è appena liberato dal colonialismo. La vicenda si svolge infatti nel 1963, spartiacque tra due mondi, quello della colonizzazione e quello dell’indipendenza. Il sale dell’oblio è costruito su una trama semplice, pur essendo una storia ricca di sfumature a cui si possono applicare diversi livelli di lettura. Un romanzo che trasporta il lettore con il lirismo, ma anche attraverso il realismo più crudo e le scene più audaci, rare nella letteratura algerina. Il sale dell’oblio descrive la vita con i suoi rischi in un’Algeria che si trovava, allora, all’alba di tutte le speranze.
Benaouda Lebdai, Le Point

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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 93. Compra questo numero | Abbonati