I nostri cuori perduti, il nuovo romanzo di Celeste Ng, si svolge in una sorta di distopia retrò, un incubo per bambini della guerra fredda. È il tipo di mondo in cui la gente passa molto tempo a preoccuparsi dei valori antiamericani. Ma gli Stati Uniti del romanzo non hanno l’ossessione dei comunisti russi infiltrati, si scagliano piuttosto contro la Cina e contro ogni “persona di origine asiatica”. La società che ne viene fuori, come tutte le distopie ben riuscite, somiglia in modo inquietante alla nostra. Nel mondo di Ng, i bambini sono sottratti a qualsiasi genitore che sia stato segnalato come portatore d’idee antiamericane e sono affidati, con nuovi nomi, a famiglie in città lontane. Bird, il dodicenne al centro del romanzo, non è stato portato via dalla sua famiglia. Al contrario, sua madre, Margaret, è scomparsa. Poeta asiatico-statunitense, il cui celebre verso “i nostri cuori perduti” è diventato uno slogan del movimento di protesta, è scomparsa tre anni prima dell’inizio del romanzo. Bird decide di cercarla. Quando la storia lascia la parola alla voce più adulta di Margaret, però, _I nostri cuori perduti _comincia a vacillare. Più che un personaggio reale, Margaret è un simbolo politico. Ogni volta che parla, il libro passa da una polemica interessante a una didattica disastrosa. Al contrario, la scrittura di Ng sulla genitorialità è tenera, lucida e non sentimentale. Nel suo amore per Bird, Margaret ridiventa una persona reale. Constance Grady, Vox
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Questo articolo è uscito sul numero 1483 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati