Bassa marea racconta la morte di un bambino per un evento quasi accidentale, alla fine della guerra civile, una morte come tante a quei tempi, tranne che per la madre. La morte di Ramiro Pinilla è solo l’inizio del dolore di quella famiglia, che sarà ereditato in altre forme dai sopravvissuti. C’è il dolore di una madre e di due figlie che fuggono dalla guerra, c’è quello dell’essere rifugiati, e c’è quello, dopo alcuni anni, di tornare in patria. E poi c’è il dolore di Adriana, una madre che vuole fuggire da tutto questo per trovare un modo diverso di essere madre. Bisnonna, nonna, madre e figlia. Aroa Moreno Durán tesse un arazzo toccante ed emotivo senza mai trascurare la trama, la verosimiglianza e la profondità dei personaggi. E in questo modo ci permette di viaggiare tra donne della stessa famiglia, nel vivo dei loro sentimenti, delle loro paure e della loro tenacia, circondate dalla guerra, dalla morte di un figlio, dall’esilio, dalla violenza terroristica. Uno scenario in cui gli uomini sono quasi del tutto assenti: muoiono, fuggono, sono ombre. Tutto questo è narrato in un tono impeccabile e con una struttura perfetta, attraverso una voce personale sempre adatta, luminosa e intelligente, evitando il tratto grossolano, l’esagerazione, così come qualsiasi tentazione di facile sentimentalismo. Carlos Zanón, El País

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1484 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati