La prospettiva di una seconda guerra civile americana è il cupo scenario che Ken Kalfus immagina nel suo ultimo romanzo. Kalfus ha il dono di penetrare nel cuore dell’attualità e presentare i problemi in modo provocatorio. Un romanzo distopico che disegna un ritratto inquietante degli Stati Uniti, attraverso gli occhi di un narratore non del tutto affidabile. In un paese senza nome, Ron Patterson, un immigrato statunitense, vive in uno squallido “grattacielo di cemento” insieme ad altri uomini e ripara i sistemi di sicurezza degli uffici. Mentre lavora sul tetto di un edificio e guarda inavvertitamente verso una finestra, vede una donna che sta facendo la doccia. Ben presto scopre che il suo nome è Marlise e che somiglia molto a una sua compagna di scuola. Quando la rivede per strada sa che è lei, anche se sembra un’altra persona. Questa è solo la prima delle tante incertezze che popolano la narrazione. Quando il paese in cui vive Ron approva leggi più severe sull’immigrazione, lui e Marlise partono ciascuno per mete diverse. Un decennio dopo, Ron si trasferisce di nuovo e si ritrova confinato in un’enclave di edifici fatiscenti soprannominata Little America. Anche in questo caso, Ron trova lavoro nella manutenzione dei sistemi di sicurezza. Spera che questo sia il suo ultimo spostamento. Ma la politica interviene. Gli statunitensi nell’enclave si dividono proprio come hanno fatto in patria. A causa di alcuni difetti, Le due del mattino a Little America sembra l’equivalente letterario di un elegante tavolino da caffè con una gamba leggermente più corta delle altre: ben costruito ma sbilenco.
Michael Magras, The Washington Post

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Questo articolo è uscito sul numero 1487 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati