In tutti i racconti di Claire Keegan c’è una famiglia. Il protagonista cambia – padre, madre, un figlio o una figlia – ma non è mai in primo piano. La narrazione trae invece la sua risonanza emotiva dalle dinamiche tra i personaggi. All’interno di queste famiglie ci sono crudeltà e violenza, ma anche profonde sorgenti di affetto. Ci sono molte cose non dette. Piccole cose da nulla, l’ultimo romanzo breve della Keegan, condivide queste caratteristiche con i suoi migliori racconti. Bill Furlong è un commerciante di carbone con moglie e cinque figlie. È il Natale del 1985. Bill è un puro di cuore, che a volte mostra un sentimentalismo quasi dickensiano. Ai margini della città c’è un convento, al quale è annessa una scuola di formazione e una lavanderia dove vivono e lavorano giovani donne. Su quelle che le frequentano circolano voci di ogni tipo. Le terribili condizioni in cui sono costrette a vivere trovano finalmente conferma quando Furlong scopre una ragazza rinchiusa nella carbonaia del convento, angosciata, a malapena in grado di camminare e che chiede di vedere il suo bambino. Nella sua nota al testo, Keegan spiega che le lavanderie Magdalene, dove si stima siano state rinchiuse trentamila donne irlandesi tra il settecento e il novecento, erano gestite e finanziate dalla chiesa cattolica in accordo con lo stato irlandese.
Lamorna Ash, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1488 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati