Nel suo nuovo romanzo, Edward St. Aubyn si pone questa formidabile sfida: esplorare argomenti difficili come la biodiversità, la schizofrenia e il venture capitalism, sondando al contempo la natura della coscienza e i limiti della scienza. Il libro è anche un melodramma medico, un mistero familiare e una meditazione sulla… be’, sulla meditazione. È possibile giocare così tante partite? I protagonisti di St. Aubyn sono tutti preoccupati dalle domande sulla coscienza e sull’essere, e su ciò che la scienza può rivelare al riguardo. Francis coltiva un grande terreno e persegue uno stato di consapevolezza zen. Olivia, la sua amante, sta finendo un libro sull’epigenetica. L’amica Lucy aiuta il miliardario statunitense Hunter Sterling ad acquisire aziende che mescolano tecnologia di consumo e neuroscienze. Quando a Lucy è diagnosticato un tumore al cervello, tra lei e Hunter comincia una storia d’amore inaspettata. Questo colpo di scena fornisce a St. Aubyn una scusa per spedirli nelle proprietà di Hunter a Cap d’Antibes e Big Sur, che fanno da sfondo a una serie di incontri e scenette comiche. Intanto, a Londra, il padre adottivo di Olivia si chiede se un nuovo paziente affetto da schizofrenia possa essere il gemello perduto della figlia. L’azione non manca, ma i veri interessi di St. Aubyn sono metafisici. Il tema non è il contenuto dei pensieri dei personaggi ma la mente che contempla se stessa. È più reale ciò che sentiamo o ciò che la scienza ci dice che sentiamo? Questo divario è il simbolo della nostra incapacità di stabilire le giuste connessioni. Se questo sembra troppo per un solo romanzo, purtroppo è così.
Charles Arrowsmith, The Washington Post
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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati