Friedrichstrasse è una strada di Berlino che combina ancora il lusso con l’asprezza, il romanticismo con la tragedia della città. Tagliata in due dal muro, è il luogo dell’ormai quasi mitico Checkpoint Charlie. I personaggi di Suite berlinese, esordio ingegnoso e ambizioso di Emma Harding, sono accomunati dal fatto di aver vissuto in quella via in momenti diversi tra il primo novecento e l’inizio del duemila. Heike, una “figlia della Ddr”, è il personaggio (più o meno) nostro contemporaneo. Ha scavalcato il muro l’anno in cui è caduto ed è ancora legata alle libertà della città unificata. Heike è affiancata in queste pagine da altri personaggi insoliti: la pornografa asessuata, la lesbica di nuova generazione che scopre il demi-monde di Weimar, il giovane che svela il passato nazista della sua famiglia. La maggior parte di loro sono quelli che uno dei personaggi di Harding descrive come “emarginati, ribelli e froci”. Harding ha lavorato per alcuni anni come scrittrice e produttrice di fiction per la radio, e la sua prosa rivela la predilezione degli autori radiofonici per quel tipo di lirismo calcolato che può essere un piacere leggere ad alta voce. A fronte di queste caratteristiche discutibili, c’è l’amore incondizionato e contagioso di Harding per Berlino, la sua capacità di trovare in ogni fase del livido e inquieto novecento della città qualcosa da amare o da rimpiangere.
Nikhil Krishnan, The Telegraph
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Questo articolo è uscito sul numero 1500 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati