Ha cominciato a rappare nelle strade del Cairo ed è arrivato ai palcoscenici europei. Lo abbiamo visto nel 2021 nel cartellone di una performance di danza della Compagnie Olivier Dubois e a luglio si è esibito al festival Nyege Nyege di Parigi. Ascoltare la storia dell’esilio del rapper Shobra El General è un’esperienza unica. Nata in mezzo al caos della rivoluzione egiziana, la sua musica in patria viene chiamata mahraganat ed è un mix improbabile di campionamenti presi dal repertorio popolare, testi incendiari e cultura hip hop statunitense. “Ho cominciato a fare rap nel 2002, a undici anni. All’epoca lavoravo in un piccolo negozio di musica al Cairo. Io la chiamavo shaabi, che vuol dire semplicemente musica popolare ed è un genere nato negli anni settanta nei quartieri popolari del Cairo”. Accoppiato con i codici espressivi del rap statunitense, però, lo shaabi diventa il mahraganat. “Io e miei amici seguivamo tutta la scena hip hop della vecchia scuola: Nas, Jay-Z, Tupac, Eminem, Snoop Dogg e Dr. Dre. Per questo le altre persone del quartiere ci guardavano un po’ male. Ma eravamo infuenzati anche da artisti locali come gli Arabian Knightz e Kordy”. Il mahraganat (letteralmente “festival” in arabo) è emerso poco prima della rivoluzione del 2011 in Egitto, ma è diventato quasi subito la cassa di risonanza di una piazza che si ribellava contro il potere autocratico di Hosni Mubarak.
Théophile Pillault, Pan African Music
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Questo articolo è uscito sul numero 1501 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati