L’incriminazione di Donald Trump decisa da un gran giurì di Manhattan segna un giorno triste per gli Stati Uniti e avrà conseguenze politiche imprevedibili e forse distruttive. La prima incriminazione di un ex presidente somiglia all’apertura del vaso di Pandora.
La vicenda riguarda i soldi che sarebbero stati pagati nel 2016 all’attrice porno Stormy Daniels perché evitasse di raccontare della sua presunta relazione sessuale con Trump, risalente al 2006. Come hanno sottolineato Ethan Greenberg e Sam Braverman in un articolo uscito sul Wall Street Journal il 30 marzo, il caso comporta una serie d’insidie e potenziali abusi. Inoltre, potrebbe creare forti tensioni nel paese e forse anche all’interno del tribunale.
Il Wall Street Journal è sempre stato convinto che un ex presidente dovrebbe essere processato solo per reati molto gravi. E anche che le prove dovrebbero essere abbastanza forti da convincere qualsiasi elettore ragionevole della colpevolezza dell’imputato. L’ultima cosa di cui ha bisogno un paese spaccato in due è un processo che divida ulteriormente l’opinione pubblica. I cittadini devono avere l’impressione che si faccia giustizia.
Questi requisiti dovrebbero valere ancora di più nel caso di un ex presidente che vuole candidarsi alle prossime elezioni. Alvin Bragg, il procuratore che ha chiesto l’incriminazione di Trump, è stato eletto con il Partito democratico, di cui fa parte anche il presidente Joe Biden, che Trump vuole sfidare alle elezioni; è difficile quindi non sospettare che l’inchiesta della procura di New York abbia motivi politici. Per questo fin dall’inizio abbiamo chiesto a Bragg di non riesumare un caso di sette anni fa che era già stato accantonato dai procuratori federali.
Accusando i democratici di volergli impedire di tornare alla Casa Bianca, Trump ha fatto capire che sfrutterà il processo nella sua campagna elettorale. Aggiungerà le accuse della procura di New York alla lista delle sue recriminazioni , che comprende quelle per le false accuse di collusione con la Russia; per le due procedure di impeachment del congresso, in cui è stato assolto; e per la retata dell’Fbi nella sua tenuta in Florida alla ricerca di documenti riservati. Il successo di questa strategia politica dipenderà dall’evoluzione del processo, che sicuramente darà vita a un circo mediatico memorabile. Il comportamento imprudente di Trump lo ha reso come sempre vulnerabile, ma ora l’accanimento dei democratici potrebbe resuscitarlo per l’ennesima volta.
È evidente che Bragg sta facendo quello che vuole la maggioranza dei democratici. I dirigenti del partito vogliono Trump sul banco degli imputati e al centro del dibattito politico. Questo perché pensano che, anche in caso di assoluzione, lo spettacolo processuale aiuterebbe Trump a vincere la nomination repubblicana per le presidenziali del 2024. Sono convinti che sia il candidato più facile da battere, perché motiva i democratici e divide i repubblicani e gli indipendenti, come hanno dimostrato le elezioni del 2018, del 2020 e del 2022.
Inoltre, i democratici sanno che l’incriminazione metterà in difficoltà gli avversari di Trump all’interno del Partito repubblicano, costretti a prendere posizione su questo processo e a parlare continuamente di lui senza potersi esprimere sui fallimenti dell’amministrazione Biden, su cui invece dovrebbe concentrarsi il paese.
Un altro problema è che questo processo crea un precedente. Bragg sta distruggendo una consuetudine politica che esiste da 230 anni. Una volta incriminato un ex presidente e candidato, prima o poi ci sarà un procuratore repubblicano che cercherà di farsi un nome incriminando un politico democratico. La democrazia statunitense ne uscirà ulteriormente indebolita. ◆ as
The Wall Street Journal è un quotidiano economico e finanziario fondato a New York nel 1889.
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Questo articolo è uscito sul numero 1506 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati