Caro stronzo – un titolo fatto per colpire – è un buon esempio di cosa sia un ossimoro, figura retorica che unisce due parole dal significato apparentemente contraddittorio. E Virginie Despentes ha un gusto per le contraddizioni tanto quanto per le parolacce: non le interessa la purezza del linguaggio né la purezza degli esseri umani. Questo è il suo romanzo post-MeToo. Il caro stronzo del titolo è Oscar Jayack, uno scrittore sulla cinquantina. Dopo aver pubblicato su un social network un messaggio dispregiativo su un’attrice, Rebecca Latté, lei gli scrive per insultarlo a sua volta. Lui si scusa e le rivela che si erano conosciuti, quando Rebecca frequentava la sorella maggiore di Oscar. Anno dopo anno, comincia una corrispondenza tra l’autore di (relativo) successo, che è stato “metooizzato” da una donna che pensava di corteggiare dieci anni prima quando la pedinava, e la cinquantenne, che è sempre meno ricercata dall’industria cinematografica (“Vuoi sapere cosa significa essere cancellati? Parla con un’attrice della mia età”). Una terza voce si fa sentire, , quella dell’accusatrice di Oscar, Zoé Katana, che cura un blog femminista molto seguito. L’espediente è inevitabilmente un po’ artificioso e a volte fa virare il romanzo verso il saggio. Ma se c’è una sincerità che tocca il cuore, è quella con cui Des-pentes si cala alternativamente in queste tre voci per far sentire la loro vulnerabilità, la loro rabbia, anche la loro malafede. Caro stronzo è un inno all’amicizia, il legame che può rendere le persone meno “stronze”, rendere la vita più sopportabile e perfino salvarla.
Raphaëlle Leyris, Le Monde
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Questo articolo è uscito sul numero 1511 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati