Come migliaia di cittadini progressisti e democratici, siamo rimasti sconvolti dal risultato delle elezioni. È sorprendente constatare che lo scandalo delle intercettazioni telefoniche, per il quale il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha ammesso la sua responsabilità, la criminale tragedia ferroviaria di Tempi, che ha stravolto decine di famiglie e spinto centinaia di migliaia di giovani a scendere in piazza, e il colossale furto di denaro pubblico da parte del governo siano stati ignorati da un’enorme percentuale di greci.
È difficile capire perché i colpi assestati dal governo alla democrazia, allo stato di diritto e alla libertà di stampa, che hanno screditato il paese a livello internazionale, non siano stati presi in considerazione dagli elettori. Smentendo ogni previsione, i greci hanno premiato Mitsotakis e le sue iniziative antidemocratiche. Ma il compito dei giornalisti e dei mezzi d’informazione non è manifestare perplessità davanti ai fatti, bensì analizzarli e interpretarli.
Prima delle elezioni si era parlato del rischio di un’“orbanizzazione” (dal nome del premier populista ungheresese Viktor Orbán) della politica greca. Evidentemente l’influenza del sistema creato da Mitsotakis, con il sostegno dei mezzi d’informazione asserviti al potere, è stata molto maggiore di quanto avessimo immaginato. Ma più che la propaganda e la manipolazione dell’opinione pubblica, sembra che siano stati i flussi di denaro ad avere un effetto decisivo sul voto. Soldi pubblici nazionali ed europei, attorno a cui si creano profitti, aspettative e alleanze, hanno finito per condizionare la scelta di gruppi sociali che per loro natura dovrebbero opporsi alla destra.
È evidente che queste dinamiche sono state ignorate da Syriza e dal resto della sinistra, che complessivamente ha ottenuto uno dei risultati peggiori degli ultimi anni. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati