Affabile ma sfuggente. La cortesia, l’eloquenza onnisciente e l’allegria di fondo non impedivano a Umberto Eco di essere misterioso. La sensazione è che il posto dove si trovava non coincidesse mai con quello che diceva. Era presente ma allo stesso tempo perso in qualche labirinto lontano che solo lui conosceva. Con il suo sguardo unico si districava tra disincanto e follia, puerilità ed erudizione. Forse vale la pena cogliere l’occasione, più unica che rara, d’ incontrarlo di nuovo. In Un été chez Umberto Eco (Grasset) lo scrittore e giornalista Jean-Philippe de Tonnac ricorda l’estate in cui fece dialogare Eco con Jean-Claude Carrière nel saggio N’espérez pas vous débarrasser des livres (2009), due bibliomani a confronto sugli immensi vantaggi offerti dai libri di carta, capaci di sopravvivere per secoli. Se si trattasse solo di un making of il saggio di de Tonnac non avrebbe grande fascino. Ma la voce viva di Umberto Eco, il suo umorismo e la sua vena folle ne fanno un’opera unica.
Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1515 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati