La burrascosa storia tra Boris Johnson e il Partito conservatore sembra essere arrivata al termine: il 9 giugno l’ex premier ha annunciato le sue dimissioni da deputato con un comunicato dai toni fortemente polemici, in cui sostiene di essere vittima di una “caccia alle streghe”. Il motivo è ancora una volta il partygate, lo scandalo delle feste organizzate nella residenza del primo ministro tra il 2020 e il 2021 in violazione delle norme anticovid allora in vigore, che nel 2022 lo aveva costretto a lasciare l’incarico. Johnson ha preso la decisione dopo aver visto la bozza del rapporto di una commissione parlamentare sulla vicenda, che lo giudicava colpevole di aver mentito al parlamento e raccomandava la sua sospensione. Insieme a lui si sono dimessi due ex ministri del suo governo, e le tre elezioni suppletive che si renderanno necessarie potrebbero mettere in difficoltà i conservatori, già pesantemente sconfitti alle amministrative di maggio. Ma il grosso del partito si è schierato nettamente contro il suo ex leader, la cui popolarità è da tempo in calo. Johnson potrebbe comunque essere intenzionato a ricandidarsi, come sembra suggerire un passaggio del suo comunicato. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1516 di Internazionale, a pagina 31. Compra questo numero | Abbonati