Tra le varie accuse che il 24 giugno Evgenij Prigožin, il capo della milizia privata Wagner, ha rivolto al governo russo c’era quella di aver tradito gli africani. Prigožin ha scritto su Telegram: “Combattevamo in Africa perché c’era stato detto che avevamo bisogno dell’Africa. E poi l’hanno abbandonata. Hanno rubato tutto il denaro che serviva per aiutare i paesi africani”.

“L’Africa è intimamente legata alla Wagner”, sottolinea Le Monde Afrique, ricordando che il continente è stato il teatro dell’espansione del gruppo, che ha offerto servizi di sicurezza a vari paesi (Repubblica Centrafricana, Sudan, Libia, Mali e altri), e in cambio ha ottenuto l’accesso a risorse preziose (oro, petrolio, diamanti, legname). Allo stesso tempo il gruppo Wagner è stato usato da Mosca per ampliare la sua influenza politica, militare ed economica nel continente, spesso ai danni della Francia.

L’Africa “è stata anche fonte di tensioni tra Prigožin e i suoi committenti a Mosca, uno dei fattori – insieme alla guerra in Ucraina – che hanno portato al divorzio manifestato con tanto scalpore il 24 giugno”. La Wagner, spiega una fonte diplomatica francese, chiedeva più soldi ed equipaggiamenti per continuare quelle attività in Africa che avevano arricchito Prigožin così tanto da renderlo una minaccia. “Tutto è cominciato da lì”.

Ora molti si chiedono se questa vicenda avrà ripercussioni sui paesi africani. Il 26 giugno il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha cercato di rassicurare gli alleati africani: gli uomini della Wagner in Africa “sono degli istruttori”, ha detto a Russia Today. “Il loro lavoro, naturalmente, potrà continuare”. Resta da vedere cosa ne pensa Vladimir Putin, che lo stesso giorno ha intimato ai mercenari di entrare nell’esercito regolare, trasferirsi in Bielorussia o tornare a casa. Non è chiaro se si riferisse anche ai cinquemila miliziani schierati in Africa. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1518 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati