L’iniziativa del governo egiziano di demolire un enorme cimitero storico del Cairo è aspramente criticata per aver dato priorità alle opere stradali rispetto alla tutela del patrimonio culturale e al rispetto dei morti. Dal 2020 le autorità del Cairo hanno trasferito migliaia di resti dalle tombe della parte meridionale della capitale egiziana, comprese quelle della Città dei morti, inserita dall’Unesco nella lista dei patrimoni dell’umanità, che ospita le spoglie di importanti leader politici, comandanti militari, artisti e intellettuali. In apparenza l’obiettivo è preservare i resti, permettendo al tempo stesso di costruire infrastrutture come strade e parchi pubblici.
Tuttavia la decisione ha suscitato malcontento tra i parenti delle persone sepolte nel cimitero, che temono di vedere spezzato il legame con i loro cari, e tra gli esperti di beni culturali, preoccupati per la perdita del sito storico. “Ci sono tombe che raccontano la storia egiziana”, spiega Mustafa al Sadek, specialista di beni culturali e fondatore del gruppo Facebook “Tuteliamo i cimiteri storici del Cairo”, che documenta il valore storico e architettonico delle tombe della zona. Sadek ha definito la demolizione “un crimine”.
Nel cimitero ci sono le tombe di molte personalità egiziane, come Ahmed Urabi, protagonista della resistenza contro l’occupazione britannica; la regina Farida, prima moglie del re Faruq; e l’imam Al Shafii, fondatore di una delle quattro scuole giuridiche dell’islam sunnita, morto nell’820. Alcune sono decorate con marmi colorati e iscrizioni islamiche. “Sono state realizzate dai migliori artisti ed esperti di calligrafia araba del passato”, conferma Souhir Hawass, che insegna urbanistica all’università del Cairo. All’inizio di giugno le escavatrici hanno portato alla luce un pozzo risalente all’epoca dei mamelucchi. Il governo afferma che il trasferimento fa parte di un piano più ampio per recuperare il quartiere islamico del Cairo, una zona dove si trovano edifici antichi, tra cui l’area dei fatimidi e la moschea Al Azhar, il più importante centro di studio dell’islam sunnita, risalente a più di mille anni fa. Al suo interno c’è anche la cittadella di Saladino, una fortezza islamica medievale costruita più di ottocento anni fa per ospitare le stanze del potere e proteggere la città dalle invasioni straniere.
Fare soldi
Il governo sostiene che questi importanti monumenti rendono necessaria una riqualificazione dell’area circostante. “Una commissione speciale sta studiando il modo migliore per gestire la questione”, afferma Ibrahim Abdel Hadi, vicegovernatore del Cairo. “Alcune tombe sono state danneggiate dall’acqua sotterranea e altre sono in stato di deterioramento”. Durante una visita al cimitero il 24 giugno il primo ministro Mustafa Madbouli ha dichiarato: “Alcune tombe sono in pessime condizioni e non sono più adatte alla sepoltura dei morti”. Per placare le proteste, Madbouli ha rivelato che il governo ha costruito ventimila tombe nella periferia desertica del Cairo in cui spostare i resti. Il nuovo cimitero avrà un settore speciale chiamato “Le tombe dei gloriosi”. Madbouli ha anche affermato che alcune parti del vecchio sito saranno trasformate in parchi pubblici e in altre saranno realizzate strade per decongestionare il traffico del Cairo.
Ma pochi credono alla retorica del governo. Alcuni temono che userà la terra del cimitero per costruire un nuovo quartiere residenziale e fare soldi vendendolo. Ad avvalorare quest’ipotesi c’è lo sgombero della vicina area delle concerie per costruire al suo posto un nuovo complesso in cui gli appartamenti saranno venduti per milioni di lire egiziane. Tra le persone che criticano il progetto c’è l’ insegnante Osama Hamdi, i cui genitori sono sepolti nel cimitero. “Tutti sanno che questa terra sarà usata per speculazioni immobiliari”, afferma. “Il governo non vuole lasciarci nulla, neppure la memoria dei morti”. ◆ fdl
Questo articolo è firmato con lo pseudonimo Corrispondente di Middle East Eye, usato dai giornalisti che lavorano in zone pericolose per proteggere la loro identità e sicurezza.
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Questo articolo è uscito sul numero 1520 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati