Il ritmo deludente della controffensiva ucraina è al centro dell’attenzione della stampa internazionale da settimane. Per Anastasia Zamula le conseguenze sono state più concrete. È la fondatrice di Cvit (Bocciolo), un’associazione di donne che sostiene le truppe ucraine al fronte. I suoi appelli per raccogliere fondi hanno incontrato difficoltà man mano che le speranze di una rapida svolta svanivano. Ora si dedica soprattutto a offrire sostegno ai soldati esausti che incontra. “L’idea di una controffensiva è incoraggiante quando ne parli da una poltrona”, dice. “È molto più difficile quando capisci che significa oscurità, morte e disperazione”.

L’umore generale è cupo. Le critiche nei confronti del presidente Volodymyr Zelenskyj sono aumentate, e i motivi sono chiari. Il governo di Kiev aveva promesso di marciare sulla Crimea, occupata e annessa dalla Russia nel 2014, ma ora si limita ad aspettative più realistiche. “Non abbiamo diritto di criticare i militari standocene seduti qui nella capitale”, dice Serhij Leščenko, portavoce del presidente. Paragona la frustrazione per l’offensiva all’impazienza dei clienti che aspettano il loro latte macchiato freddo nei tanti caffè _hipster _della città. “Questo non è un cavallo che puoi frustare per farlo andare più veloce. Ogni metro di avanzata è pagato con il sangue”. La leadership ucraina è particolarmente esasperata dal fatto che le forniture di armi occidentali sono state inferiori a quanto promesso. È “irritante e demotivante”, dice Leščenko. Gli equivoci tra gli alleati a proposito delle consegne e la possibilità che Donald Trump sia rieletto alla presidenza degli Stati Uniti hanno contribuito ad alimentare l’ansia degli ucraini. Secondo una fonte dello stato maggiore Kiev ha ricevuto solo sessanta carri armati Leopard, nonostante ne fossero stati promessi centinaia. I veicoli per lo sminamento sono particolarmente scarsi. “Semplicemente non abbiamo i mezzi per condurre gli attacchi frontali che l’occidente ci chiede di fare”, dice la fonte.

La mancanza di supporto aereo è un altro ostacolo. L’esercito ucraino, aggiunge la fonte, ha sempre saputo che sarebbe stato difficile superare i campi minati e le linee difensive russe senza avere la superiorità aerea. Per questo i vertici delle forze armate hanno posticipato la controffensiva il più possibile. Dopo un disastroso inizio a giugno, quando due brigate addestrate dagli occidentali hanno perso un numero sconfortante di uomini e mezzi nei campi minati, i piani sono cambiati. Da allora la priorità è conservare le forze. “Non pianifichiamo più operazioni che comportano forti perdite”, dice la fonte. “Ora ci concentriamo sull’indebolire il nemico: artiglieria, droni, guerra elettronica e così via”.

Recentemente le forze ucraine hanno fatto importanti progressi sul fronte meridionale e potrebbero aver superato abbastanza campi minati da raggiungere la prima delle tre linee di fortificazioni russe in diversi punti. Hanno anche indebolito le riserve e i sistemi logistici russi. Ma dopo due mesi e mezzo l’Ucraina è ancora molto distante dal suo obiettivo strategico di raggiungere il mare d’Azov e tagliare il collegamento terrestre tra la Russia e la Crimea prima delle piogge di ottobre, quando il fango renderà molto più difficili i movimenti.

La tentazione di Zelenskyj

L’umore tetro sta contagiando la politica ucraina, che è rimasta sospesa per gran parte del conflitto. Per tutta l’estate è girata la voce che Zelenskyj potrebbe indire elezioni parlamentari e presidenziali anticipate. L’idea è che per lui sarebbe meglio cercare di farsi rieleggere finché è ancora un eroe nazionale piuttosto che dopo essere stato costretto a un negoziato di pace che potrebbe richiedere un impopolare cessate il fuoco o importanti concessioni territoriali. “Le elezioni sarebbero un referendum su Zelenskyj”, dice il politologo Volodymyr Fesenko. “A parte il capo delle forze armate Valerij Zalužnyj, che è impegnato a condurre la guerra, attualmente non ha nessun rivale. Il suo staff sa che le cose possono cambiare”.

Organizzare le elezioni durante una guerra, con sei milioni di cittadini ucraini rifugiati all’estero e centinaia di migliaia a combattere lontano da casa, sarebbe complicato. Inoltre la legge marziale lo impedisce, quindi il parlamento dovrebbe cambiare le regole. All’inizio si parlava di votare in autunno, ma ormai è quasi sicuramente troppo tardi per farlo, e fonti vicine al presidente assicurano che l’idea è stata scartata. In ogni caso, i sondaggi indicano che lo staff di Zelenskyj avrebbe grosse difficoltà a convincere i cittadini che è necessario anticipare le elezioni.

In mancanza di una svolta a livello militare, le trattative di pace con la Russia saranno ancora più difficili da far accettare agli ucraini. Ma alcuni segnali suggeriscono che l’umore sta cambiando. All’inizio di agosto un cecchino ucraino schierato a nordovest di Bachmut ha suscitato scalpore sostenendo che l’Ucraina non recupererà mai tutto il suo territorio. Ha affermato che ormai molti soldati vedono di buon occhio un cessate il fuoco, un’idea che prima sarebbe stata impensabile. Ma per ora pochi sono d’accordo con lui. Troppo sangue è stato versato. “Fare la pace oggi significherebbe rimandare la guerra”, dice la fonte dello stato maggiore. “Perché scaricare il problema sulla prossima generazione?”.

Molti ragazzi ucraini ovviamente portano già il fardello di una guerra di cui non si vede la fine. Per i maschi, costantemente a rischio di essere mandati al fronte, la pressione è particolarmente intensa. Quelli che volevano combattere si sono offerti volontari mesi fa, e ora a essere arruolati sono soprattutto i recalcitranti. “L’aria è diventata pesante”, dice Zamula. Tutti sanno che il prezzo da pagare per riconquistare i territori persi è la morte dei soldati. “Anche sperare nel successo della controffensiva è diventato un atto di autodistruzione”. ◆ gac

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Questo articolo è uscito sul numero 1526 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati