Il panorama della politica estera indiana è così complesso che il paese fa parte sia del Dialogo quadrilaterale di sicurezza (Quad), creato in funzione anticinese con Stati Uniti, Giappone e Australia, sia dei Brics insieme a Cina, Brasile, Russia e Sudafrica. Il primo ministro indiano Narendra Modi è stato da poco al vertice dei Brics in Sudafrica e a settembre presiederà quello del G20 in programma a New Delhi, il primo ospitato dal suo paese. Se l’obiettivo principale del Quad è contrastare la Cina, i Brics esistono per sfidare l’ordine mondiale a guida statunitense. Invece che diversificare le sue opzioni in politica estera, la partecipazione dell’India a questi due forum rende le sue scelte ancora più complicate e soggette a imprevisti geopolitici. Il 15 agosto, per esempio, India e Cina hanno tenuto nuovi colloqui per la gestione delle loro dispute di confine sull’Himalaya. Nel comunicato stampa congiunto si affermava che “le parti hanno avuto una discussione positiva, costruttiva e approfondita. In accordo con le direttive dei leader (Xi Jinping e Narendra Modi), c’è stato uno scambio di punti di vista in un clima aperto e proiettato verso il futuro”. È chiara la volontà di entrambi di restare al tavolo dei negoziati invece di affrontarsi sul campo (il 29 agosto New Delhi ha protestato con Pechino per la pubblicazione di una nuova mappa in cui la Cina si attribuisce una porzione di territorio indiano). Ma può l’India, una potenza relativamente minore che cerca di riprendersi dalla Cina parte del suo territorio, fidarsi di Pechino?
Quanto poco New Delhi si fidi è confermato dalla sua partecipazione alle esercitazioni navali nella regione del Malabar insieme a Stati Uniti, Giappone e Australia, che si sono svolte contemporaneamente ai colloqui sull’Himalaya. Le esercitazioni, previste dal Quad, vanno inquadrate nel tentativo più generale di Washington di militarizzare l’alleanza e infastidire la Cina nell’Indo-Pacifico, fornendo, per dirla con il comandante della settima flotta della marina statunitense, “una base a tutti gli altri paesi che operano nella regione”. Una base che è in espansione, e il patto recente tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud ne è la prova. L’accordo, annunciato dopo il recente vertice trilaterale di Camp David, negli Stati Uniti, prevede che Washington, Tokyo e Seoul conducano ogni anno colloqui ed esercitazioni militari congiunte su vasta scala. Inoltre istituisce una linea diretta per le comunicazioni in momenti di crisi. Con questo accordo, che si aggiunge al Quad e all’Aukus (una partnership sulla sicurezza tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti), l’intera regione appare in rapida trasformazione sotto il peso delle alleanze militari. Fino a che punto l’India può scegliere di muoversi in modo indipendente o mantenere una posizione autonoma rispetto alla Cina in un’area segnata da alleanze simili?
Cambio di rotta
La partecipazione dell’India alle esercitazioni del Malabar dà l’impressione che il paese guardi alla Cina come a un avversario. In effetti di recente New Delhi ha deciso di sostenere la sentenza del tribunale arbitrale che nel 2016 ha dato ragione alle Filippine nella disputa con Pechino sul mar Cinese meridionale. È un cambio di rotta rilevante rispetto al passato, che potrebbe aver spinto Canberra e Washington, alleati nel Quad, a concludere che la posizione dell’India rispetto a Pechino sia decisamente cambiata e che ora il Quad è pronto a portare l’efficienza navale e il coordinamento militare generale a un livello superiore.
In realtà però Modi in Sudafrica ha cercato di rafforzare la pace relativa stabilita sul confine con la Cina. Ma com’è vista l’India all’interno dei Brics? La domanda lascia interdetti i politici di New Delhi. Si può dedurre che la Cina non si fida dell’India. Anche la Russia osserva i legami sempre più profondi in tema di sicurezza tra India e Stati Uniti, che di recente sono diventati il principale fornitore di armi di New Delhi, dopo che per decenni il paese ha ricevuto il grosso delle sue forniture da Mosca. Sullo sfondo c’è il tentativo cinese e russo di ampliare i Brics. Più di quaranta paesi vorrebbero unirsi e, dato che in quel gruppo si ritiene che l’India in politica estera penda verso gli Stati Uniti, New Delhi rischia di diventare un attore marginale nella costruzione di un ordine mondiale alternativo. Ma può permetterselo?
Uno degli aspetti per cui l’India di Modi è diversa da quella del passato sta forse nell’accento posto dal premier sulle ambizioni a raggiungere uno status di potenza mondiale. Per farlo, però, è necessario il sostegno di paesi determinati a costruire un nuovo ordine. È un aspetto fondamentale, perché New Delhi non può diventare protagonista all’interno di quello vecchio, dominato dall’occidente e imperniato sugli Stati Uniti. Quindi l’India non può correre il rischio di avere un ruolo marginale tra i Brics. Qual è, dunque, la strategia migliore per New Delhi in questo scenario geopolitico molto complicato e in continuo mutamento?
Da quando Modi è arrivato al governo, nel 2014, la politica estera indiana sembra essersi allontanata progressivamente dalla posizione del non allineamento. L’assenza del leader indiano dai vertici del movimento dei paesi non allineati è ormai la norma. Forse per New Delhi scaricare il movimento avrebbe avuto senso in un mondo unipolare. Ma l’ascesa della Cina, l’assertività della Russia e la sua alleanza con Pechino per la creazione di un nuovo ordine mondiale multipolare richiedono un ritorno dell’India al non allineamento, un modo estremamente sofisticato di muoversi sulla scena globale senza permettere a nessuno di plasmare la sua politica estera.
Se il mondo sta diventando multipolare, la scelta migliore per l’India potrebbe essere dare nuovo vigore al movimento dei paesi non allineati e contribuire a farlo diventare un polo in grado di resistere alle pressioni dell’uno o dell’altro blocco. In questo senso, New Delhi potrebbe essere nella posizione di reclamare il tanto agognato ruolo di leader globale. Ma muoversi in un contesto multipolare è difficile. Soprattutto per paesi le cui relazioni internazionali sono complicate da fattori geografici e ambizioni globali. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1527 di Internazionale, a pagina 33. Compra questo numero | Abbonati