L’incidenza delle malattie infettive tra gli esseri umani sarebbe aumentata con l’introduzione dell’agricoltura e dell’allevamento. Uno studio preliminare pubblicato su bioRxiv ha esaminato 1.300 resti umani rinvenuti in Eurasia, risalenti fino a 37mila anni fa. In due terzi dei campioni sono state trovate tracce genetiche di oltre 2.400 specie di batteri, virus e parassiti. Tra questi ci sono germi veicolati dal cibo, come i batteri Yersinia enterocolitica e Shigella, che causano infezioni intestinali, e patogeni trasmessi dagli animali, come il Plasmodium vivax della malaria ricorrente e la Yersinia pestis della peste. Ricostruendo come queste malattie si sono diffuse si nota un aumento a partire da circa 6.500 anni fa, con un picco in coincidenza dell’insediamento dei pastori provenienti dalla steppa eurasiatica, circa cinquemila anni fa. La ricerca non tiene conto dei virus a rna come quelli dell’influenza e i coronavirus, ma fornisce la prima prova diretta della relazione tra domesticazione degli animali e diffusione di malattie infettive a partire dall’età della pietra.

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Questo articolo è uscito sul numero 1535 di Internazionale, a pagina 105. Compra questo numero | Abbonati