In una conferenza sulla violenza sessuale e di genere organizzata dalle Nazioni Unite a New York il 4 dicembre 2023, Israele ha presentato le prove di quella che ha definito una violenza sessuale sistematica compiuta dai miliziani di Hamas sulle donne durante gli attacchi del 7 ottobre nel sud d’Israele. L’ambasciatore israeliano Gilad Ardan ha anche accusato l’Onu di ipocrisia per essere rimasto in silenzio di fronte alle prove e alle testimonianze emerse sui “crimini sessuali” commessi da Hamas contro donne e ragazze. In seguito l’Onu ha fatto varie dichiarazioni condannando pubblicamente qualunque violenza sessuale che possa essere stata commessa e chiedendo che sia fatta chiarezza, ma il governo israeliano ha considerato la reazione “tardiva e insufficiente”. Il 6 dicembre l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Volker Türk, ha detto di aver chiesto a Israele di consentire a una sua squadra di condurre un’indagine sull’accaduto.

Gli indizi sulle violenze sessuali commesse da Hamas il 7 ottobre sono cominciati a emergere con la diffusione sui social network delle immagini raccolte nei kibbutz e nel festival musicale attaccati, e dei video girati dagli stessi miliziani. Una delle prime indagini approfondite è stata condotta dall’ong Physicians for human rights Israel, la cui missione è combattere la discriminazione medica e migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria nella Striscia di Gaza, in Cis­giordania e in Israele. In un documento pubblicato a novembre, l’organizzazione ha chiesto un’indagine contro la “diffusa” violenza sessuale riscontrata “in diversi luoghi”, che potrebbe rappresentare un “crimine contro l’umanità”. Varie organizzazioni israeliane create all’indomani del 7 ottobre hanno cominciato a raccogliere prove e all’inizio di dicembre la polizia israeliana ha detto di aver raccolto “più di 1.500 testimonianze sconvolgenti e dure”. La Bbc e altre agenzie di stampa ne hanno confermate alcune nelle loro inchieste.

Ma gli ostacoli sono molti, come ricorda il quotidiano francese Le Monde: “L’ampiezza dell’attacco del 7 ottobre, i combattimenti che sono seguiti, la raccolta frettolosa dei corpi e la loro inumazione non hanno permesso una documentazione appropriata di tutte le violenze commesse da Hamas. Le analisi medico-legali non hanno potuto essere effettuate a causa dell’urgenza o dello stato dei cadaveri, che in molti casi sono stati bruciati”.

Informazioni e prove

Le prove di violenze sessuali presentate alla conferenza dell’Onu erano “ampie e schiaccianti e provenivano da diverse fonti”, spiega la Cnn. Yael Richert, commissaria della polizia israeliana, ha condiviso le informazioni raccolte durante le indagini e ha citato le testimonianze di varie persone che hanno assistito direttamente a stupri e violenze sessuali o ne hanno visti chiari segni sulle vittime. Shari Mendes, una riservista dell’esercito che ha esaminato i corpi delle soldate uccise negli attacchi ha confermato che molti erano stati brutalizzati, soprattutto nelle parti intime. Anche il parlamento israeliano ha organizzato una sessione in cui sono state presentate prove di violenze sessuali, abusi e mutilazioni commesse da Hamas. Il gruppo palestinese ha negato ogni accusa.

L’agenzia di stampa Reuters sottolinea che la Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja, istituita per perseguire i responsabili di crimini di guerra, ha detto di avere giurisdizione sulle atrocità commesse dai miliziani di Hamas in Israele e di avere già raccolto un “volume significativo di informazioni e prove”. Gli avvocati israeliani hanno fatto notare che il tribunale ha dei requisiti probatori sulla violenza sessuale meno complessi di quelli richiesti da Israele, per esempio non serve la testimonianza della vittima. Ma per lo stato israeliano, la Corte è problematica, prosegue la Reuters: “Israele non riconosce la sua giurisdizione, anche se gli individui e lo stesso stato possono presentare prove”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1542 di Internazionale, a pagina 44. Compra questo numero | Abbonati