I principali problemi ambientali hanno in comune il fatto che le loro conseguenze diventano evidenti quando ormai ci siamo abituati alle loro cause. Se consumare combustibili fossili non ci semplificasse l’esistenza, non avremmo nessun problema climatico. Se l’agricoltura e l’allevamento intensivi non producessero da mangiare a basso costo, la biodiversità sarebbe meno minacciata. E se gli imballaggi non fossero così comodi, non saremmo sommersi dalla plastica. Il rovescio della medaglia emerge in seguito. Ben venga allora il nuovo ciclo di negoziati avviato il 23 aprile a Ottawa, in Canada, per arrivare a un trattato globale sulla plastica.
Negli ultimi trent’anni i rifiuti di plastica sono quadruplicati e spesso finiscono in mare, dove si decompongono in microplastiche e rientrano nella catena alimentare attraverso i pesci. Perfino se la produzione di questi rifiuti si fermasse oggi, la plastica in circolazione continuerebbe ad avere un impatto per decenni e, secondo tutte le previsioni, la sua quantità è destinata ad aumentare, a meno che i paesi non riescano ad accordarsi in tempi brevi su una linea d’azione comune.
Non basterà sostituire cannucce, buste e posate di plastica. I paesi in via di sviluppo devono essere aiutati a gestire montagne di spazzatura in crescita costante, dato che più dell’80 per cento dei rifiuti di plastica finisce in natura per mancanza di strutture adeguate alla raccolta e allo smaltimento. Più in generale vanno potenziati il riciclo e il riuso e si dovrà anche rinunciare alla plastica monouso. I negoziati di Ottawa sono una tappa intermedia verso un accordo che dovrebbe essere concluso l’anno prossimo. I tempi sono maturi. I principali problemi ambientali della nostra epoca hanno in comune anche un’altra cosa: per risolverli, bisogna agire a livello globale.◆ sk
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Questo articolo è uscito sul numero 1560 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati