◆ Alle Maldive è in corso un vasto programma per il recupero di terreno, scrive Nature. Grandi quantità di sabbia e sedimenti sono dragate dai fondali marini e poi scaricate sulle coste, in modo da creare nuova terra emersa. Il paese è formato da 1.200 isole nell’oceano Indiano e buona parte del territorio si trova a meno di un metro sul livello del mare. Le autorità considerano il recupero di suolo una difesa contro l’innalzamento del livello degli oceani dovuto al cambiamento climatico, che potrebbe sommergere gran parte dell’arcipelago. Il recupero di suolo non è una novità: nei Paesi Bassi è usato da secoli, e più recentemente è stato adottato anche a Singapore, Londra, New York e Miami. Negli ultimi decenni è stato impiegato soprattutto in Asia orientale. A Shanghai, per esempio, è stata recuperata un’area pari a circa il triplo di Parigi. Anche a Colombo e Mumbai sono state avviate opere simili. Le Maldive hanno cominciato a recuperare terreno nel 1997, e da allora le attività sono sempre state accompagnate dalle critiche per gli effetti negativi sull’ambiente, soprattutto sui coralli. “I danni alla barriera corallina non colpiscono solo l’ecosistema, ma possono rendere le isole più vulnerabili alle tempeste e all’innalzamento del livello del mare”, scrive Nature. Anche le foreste di mangrovie e gli altri habitat costieri possono essere sconvolti da questi interventi. Inoltre bisogna considerare anche i danni economici, come quelli alle attività turistiche.
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Questo articolo è uscito sul numero 1561 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati