Lo straordinario romanzo di Lidia Yuknavitch è il libro più bizzarro e sconvolgente sull’America in cui mi sia mai imbattuto. Un po’ romanzo storico, un po’ profezia e molto sogno delirante, L’impulso propone una critica radicale agli ideali che nascondono i nostri crimini nazionali: questa storia graffia in profondità la patina superficiale del nostro orgoglio civico. I capitoli del libro coprono duecento anni di storia dell’area portuale di New York. All’inizio vediamo operai immigrati che lavorano per erigere un colossale monumento concepito in Francia e spedito negli Stati Uniti a pezzi. Questi operai sono la panoplia dei “nuovi americani” che lavorano 31 tonnellate di rame e 125 tonnellate di acciaio che serviranno a dare forma al colosso di una donna che solleva una torcia per mostrare la strada per la libertà. Ma prima ancora che la scultura sia completata si cominciano a vedere i primi segni di corrosione e di cedimento. La storia poi salta al 2079, con l’intera costa est degli Stati Uniti spazzata via dal cambiamento climatico. Yuknavitch offre niente di meno che una revisione del passato e del futuro dell’America ammantandola di un nuovo canone mitologico. Ho letto L’impulso in uno stato di febbrile fascinazione e l’ho finito con il desiderio di fare ancora quel sogno.
Ron Charles, The Washington Post
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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati