I personaggi di Miranda July spesso si chiedono cosa sia reale e cosa no. Il suo interesse per l’introspezione e la stranezza l’ha spesso fatta considerare una specie di eccentrica, ma questa definizione non mi è mai piaciuta: perché non celebrare la stranezza invece di sminuirla? In A quattro zampe la narratrice quarantacinquenne del romanzo si chiede con maggior forza se la sua vita sia reale, e questo non ci sorprende visto che sembra essere proprio l’autrice delle opere di July. Qualche anno prima suo figlio Sam è nato prematuro, è quasi morto e per otto terribili settimane la narratrice e suo marito Harris sono stati uniti da un dolore che aveva qualcosa di “estatico”. Da allora lei si è sentita sempre più distaccata sia da Harris sia dalla realtà. S’immerge nella sua arte molto più di quanto non ammetta con Harris e mente spesso. E siccome si sente più radicata nella mente che nel corpo il sesso per lei ha senso solo se accompagnato da elaboratissime fantasie. Per ritrovare un contatto con il presente decide di fare un viaggio in macchina da Los Angeles a New York. Ma appena uscita da Los Angeles incrocia lo sguardo di Davey, un meccanico nervoso e molto attraente. Decide di fermarsi lì, in una brutta stanza di albergo che farà riarredare a Claire, la moglie di Davey, spendendoci migliaia di dollari. Rimane in quella stanza per tre settimane, con Davey che ogni pomeriggio va a trovarla sviluppando per lei una passione bruciante ma mai consumata. Davey si rivela un eccezionale ballerino e attraverso la danza i due trovano una forma d’intimità che sembra rendere reale la loro strana storia. Quando torna a casa dovrà ridare un senso alla sua vita. Sa bene che questa sua discesa dall’estasi all’infelicità ha anche a che fare con la menopausa e con pensieri di morte legati alla sua storia familiare: sua nonna e una sua zia si sono uccise a cinquant’anni. La risposta le arriva sotto forma di una radicale accettazione della morte. Anche il sesso è parte di questa presa di coscienza: la danza e il sesso le danno accesso a una trascendenza che July è capace di raccontare con impudica magniloquenza. Aprendosi al divino la narratrice scopre che la sua stanza d’albergo non è il capriccio di una donna bislacca ma una scuola di vita.
Lara Feigel,
The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1569 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati