Sara Sabry vanta diversi primati: è stata la prima astronauta egiziana, oltre che la prima donna araba e la prima africana, ad andare nello spazio. Quando il 4 agosto 2022 è partita a bordo del razzo New Shepard della Blue origin, l’azienda del proprietario di Amazon Jeff Bezos, sapeva di non essere sola in quel volo: nel viaggio tra le stelle portava con sé il suo paese d’origine e tutto il continente africano.

Da giovane, tuttavia, Sabry non aveva neppure preso in considerazione l’idea di fare l’astronauta. “Sono cresciuta in Egitto, quindi non ero mai entrata in contatto con quel mondo”, ha detto. “Non guardavamo mai i lanci nello spazio in televisione, non avevamo astronauti del nostro paese con i quali identificarci. Non pensavo mai: ‘Quando sarò grande voglio diventare come lui o come lei’”.

Sabry, 31 anni, è un’ingegnera meccanica e biomedica. È la fondatrice e direttrice della Deep space initiative (Dsi), un’organizzazione senza scopo di lucro il cui obiettivo è rendere il settore spaziale accessibile a tutta l’umanità.

Alla fine di maggio Sabry ha tenuto a Marrakech, in Marocco, un discorso al Gitex Africa, la più grande fiera del continente dedicata alla tecnologia e alle start­up. Ha raccontato che da bambina era molto curiosa: voleva sapere sempre come funzionavano le cose. A tre anni i genitori le facevano rimontare i telecomandi rotti. Studiare ingegneria, quindi, è stata una scelta ovvia per lei. Tuttavia questo l’ha portata a sfidare stereotipi radicati. “Mi dicevano di lasciar perdere ingegneria perché sarebbe stata troppo difficile per me. Se fossi stata un ragazzo, non mi avrebbero di certo parlato così. E sostenevano che con l’ingegneria biomedica non avrei avuto opportunità in Egitto, così mi chiedevo: ‘Perché lo sto facendo?’”.

La missione di Sabry oggi è diventata anche aiutare chi è stato bersaglio di commenti negativi come quelli. “Quando sono entrata nel settore aerospaziale tutti intorno a me pensavano che stessi solo perdendo tempo. In Egitto ti dicono sempre che, in quanto donna, dovresti sposarti e farti mantenere dal marito, quindi non vieni presa sul serio”.

È una questione cruciale, ha affermato Sabry, che attualmente sta svolgendo un dottorato in scienze aerospaziali e una ricerca presso lo Human spaceflight lab, finanziato dalla Nasa. “Pensare che come donna tenti di fare qualcosa che nessun uomo ha mai fatto prima è una sfida ulteriore. È una cosa che dà molta forza”.

“Molto di quello che facciamo aiuta davvero la vita sul nostro pianeta”

Da ingegnera biomedica Sabry era molto interessata a “come risolvere alcuni problemi sanitari usando l’ingegneria”. Il suo lavoro ha abbracciato vari ambiti, tra cui la meccatronica (una scienza nata dall’integrazione tra la meccanica e l’elettronica), la chirurgia robotica, lo sviluppo delle cellule staminali, la realtà aumentata, la progettazione delle auto della Formula 3 e la bioastronautica (lo studio dei problemi fisiologici, medici e comportamentali legati alle missioni degli astronauti nello spazio e alla totale assenza di gravità).

Le grandi domande

L’epifania per Sabry è arrivata mentre lavorava in una startup a Berlino. “Stavo attraversando una crisi esistenziale e ho guardato al settore spaziale”. A dire il vero, tutto è cominciato dopo aver letto Le mie risposte alle grandi domande del fisico Stephen Hawking (Rizzoli 2018): “Mi ha aperto la mente e mi ha aiutato a capire che possiamo fare molto per comprendere le nostre origini e il futuro dell’umanità. Così ho usato le mie competenze per vedere come possiamo rendere il genere umano una specie multiplanetaria”.

Sabry è stata selezionata dall’organizzazione non profit statunitense Space for humanity tra migliaia di candidati da tutto il mondo per il Citizen astronaut, un programma creato per mandare nello spazio persone che provengono da paesi e contesti economici diversi. Il suo compito era analizzare l’overview effect, cioè il cambiamento cognitivo che si verifica quando si guarda la Terra dallo spazio.

Anche se il volo suborbitale è durato pochi minuti, ha avuto un effetto “estremamente profondo” su di lei. “Quando sei nel settore, senti sempre parlare gli astronauti della loro esperienza, di come li ha cambiati, di quando vedi questa linea blu sottilissima (l’atmosfera) che protegge completamente la Terra dall’oscurità dello spazio. Cambia proprio la tua prospettiva”.

Da ingegnera, Sabry si definisce “scettica riguardo a molti aspetti. Non sapevo che impatto questo avrebbe avuto su di me. Molti astronauti quando tornano confessano che il fatto di non vedere dei confini su una mappa ha cambiato la loro visione del mondo, ma provenendo dall’Africa io queste riflessioni le ho sempre fatte. Sono consapevole di come delle linee su una mappa possano davvero delimitare quello che puoi e non puoi fare. È una cosa che ho cercato di combattere per tutta la vita”.

All’inizio per i suoi genitori non è stato facile. “Sono stata la prima egiziana e africana ad andare nello spazio, quindi loro non avevano nessun punto di riferimento. È pazzesco vedere la propria figlia salire su un razzo, mentre ti fanno firmare tutte quelle carte dove dici di essere consapevole che correrà dei rischi. E poi in questi casi i genitori pensano: ‘Vale davvero la pena di rischiare la vita?’. Oggi mi capiscono molto di più. Apprezzo che mi siano stati accanto. Penso che ora le persone in Egitto credano di più nella capacità di fare cose che sembrano impossibili, quando spiego quello in cui mi sto cimentando hanno più fiducia in me”, ha raccontato a Marrakech sorridendo.

Sabry ha fondato la Deep space initiative con l’obiettivo di aumentare le opportunità per tutti nel settore aerospaziale. La fondazione è nata dall’idea “che l’universo appartiene all’intero genere umano, e non dovrebbe essere limitato a pochi eletti”. Vuole creare una comunità in cui scienziati, ingegneri, avvocati e sviluppatori “possono lavorare insieme per affrontare i problemi più difficili, dimostrando che i confini si possono cancellare”. Nel suo staff ci sono un ex responsabile dello Human research program della Nasa, un ex architetto spaziale, sempre della Nasa, e un avvocato esperto di diritto spaziale.

“Quando ero bambina, questo settore era del tutto inaccessibile, e continua a esserlo”, ha affermato Sabry. “Attualmente ci lavorano più donne rispetto a prima, ma in molte riunioni continuo a essere l’unica”.

Al Gitex Africa la scienziata ha spiegato che non avrebbe mai avuto l’opportunità di entrare nel settore spaziale “se non fossi stata io a crearmi quelle opportunità. Semplicemente queste occasioni non esistono. E anche se ci sono, se non hai il passaporto giusto non puoi davvero lavorarci perché delle leggi te lo impediscono. Le aziende statunitensi, per esempio, non possono assumere cittadini stranieri a causa delle norme sulle tecnologie spaziali. Con la Deep space initiative cerchiamo di superare il problema, offrendo opportunità di ricerca e istruzione”.

Molte persone, ha affermato Sabry, considerano la Terra e lo spazio due cose distinte, e sono convinte che spendere miliardi di dollari per esplorare gli altri pianeti sia uno spreco, che ci siano già troppi problemi sulla Terra. “Ma non è così. Le questioni sono connesse l’una all’altra e dobbiamo lavorarci. Non si tratta di pensare ‘Oh, andremo a vivere su un altro pianeta e lasceremo gli altri sulla Terra’. Andremo nello spazio per la Terra, e questo è esattamente lo slogan della Space for Earth, la società che mi ha mandato nello spazio. Molto di quello che facciamo aiuta davvero la vita sul nostro pianeta”, ha spiegato la scienziata.

In futuro Sabry spera di passare un po’ di tempo sulla Stazione spaziale internazionale. “Quest’anno in Egitto ospiteremo per la prima volta un campo didattico dedicato allo spazio. Gli egiziani per la prima volta potranno sperimentare lo spazio, ma sulla Terra, è una cosa entusiasmante. Sto facendo del mio meglio per offrire ai miei connazionali le opportunità che meritano”. ◆ fdl

Biografia

1993 Nasce in Egitto.
2016 Si laurea in ingegneria meccanica e biomedica al Cairo.
2020 Fonda la Deep space initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro che ha l’obiettivo di rendere più accessibile l’esplorazione dello spazio.
2021 Partecipa alla simulazione di una missione sulla Luna.
2022 Diventa la prima donna egiziana e africana a viaggiare nello spazio, a bordo di un razzo dell’azienda Blue origin.


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Questo articolo è uscito sul numero 1570 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati