Questo nuovo magnifico romanzo di Percival Everett capovolge la prospettiva di un classico della letteratura americana: Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain. Ci racconta la storia attraverso la narrazione in prima persona di Jim, lo schiavo fuggiasco del romanzo. Le avventure dei due ragazzi sulla zattera alla deriva lungo il Mississippi dal punto di vista di Huck erano uno spasso. Da quello di Jim, scusate James, sono invece un affare serissimo. Ricordiamo infatti che, nel romanzo di Twain, Jim aveva detto a Huck di averne abbastanza di “avventure”. Il James di Everett è infatti un guerriero, anche se molto umano e un po’ riluttante. A romanzo finito avrà ucciso degli uomini, liberato altri schiavi e dato fuoco a una piantagione, e sarà una leggenda sulla bocca di tutti. Everett fa di lui anche un vorace lettore: James capisce immediatamente che la Bibbia è uno strumento dei suoi oppressori e intrattiene lunghi dialoghi interiori con Jean-Jacques Rousseau, Voltaire e John Locke. James è istruito e scrive molto, una cosa pericolosa visto il linciaggio subìto da uno schiavo che ruba per lui un mozzicone di matita. Quello che rende James un romanzo superiore rispetto ai lavori precedenti di Everett è l’umanità amplificata al massimo. È il suo romanzo più appassionante ma anche quello più ricco di anima. Sotto la sua lingua pirotecnica Percival Everett nasconde un essere umano descritto con grande intensità.
Dwight Garner, The New York Times

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1583 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati