“È come essere dentro un flipper con cento palline”, spiega Lucy. “Tre monologhi interiori”, dice Phillip.
“Come ascoltare tante canzoni contemporaneamente”, confida Sarah.
Chi soffre di disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (Adhd) descrive così quello che prova continuamente. Con tutti questi pensieri che chiedono attenzione, concentrarsi è un’impresa. Gli appuntamenti saltano. Le relazioni traballano. Il senso d’inadeguatezza, l’ansia e la depressione cominciano a insinuarsi.
Le diagnosi di Adhd stanno aumentando rapidamente in molti paesi, sia tra i bambini sia tra gli adulti. Nel Regno Unito le prescrizioni di farmaci sono raddoppiate tra il 2018 e il 2023.
Le cause sono varie, tra cui anche una migliore conoscenza di come l’Adhd colpisce donne e bambine e il fatto che, in un mondo pieno di distrazioni, è più difficile sopportarne i sintomi.
Le diagnosi hanno permesso a molti di ricevere cure adeguate e spesso decisive per la qualità della vita. Ma alla luce delle nuove conoscenze scientifiche molti esperti si chiedono se è ancora corretto considerarlo un disturbo.
Secondo alcuni l’Adhd potrebbe semplicemente rientrare nello spettro della neurodiversità (la normale variabilità dei modi di pensare e comportarsi), e chi presenta i sintomi potrebbe essere aiutato con interventi non farmacologici come un ambiente accogliente e strumenti per affrontare la vita quotidiana.
Non è facile definire l’Adhd. Spesso gli psicologi lo collegano alle “funzioni esecutive”, come la memoria di lavoro, la flessibilità cognitiva e la capacità d’inibire pensieri e azioni quando è necessario. La diagnosi si basa su una serie di domande su disattenzione, iperattività e impulsività, e sulla gravità dei problemi causati dai sintomi. Le stime della prevalenza dipendono dalle linee guida. In base ai criteri dell’Organizzazione mondiale della sanità, i bambini e gli adolescenti britannici che rientrano nel disturbo sono tra l’1 e il 2 per cento, mentre per quelli dell’American psychiatric association sono fra il 3 e il 9 per cento.
Queste diagnosi sono inevitabilmente imperfette. Per esempio, la probabilità che i maschi ne soffrano è il doppio o il triplo di quella delle femmine, ma storicamente la differenza era ancora maggiore. Uno dei motivi è che le donne sono più brave a nascondere la disattenzione, un fatto che decenni di studi centrati sui maschi avevano trascurato.
Anche diagnosticare l’Adhd negli adulti è difficile. L’iperattività di un bambino si evolve in inquietudine interiore; la disattenzione e la disorganizzazione si manifestano sotto forma di fatica nei compiti quotidiani. L’inquietudine stessa può essere confusa con l’ansia.
Gli scienziati hanno cercato di stilare una lista dei marcatori biologici dell’Adhd, ma senza successo. Due persone possono presentare sintomi simili causati da processi psicologici e neurologici del tutto diversi. Gli studi attraverso la diagnostica per immagini non hanno chiarito cosa caratterizzi il cervello di chi soffre di Adhd. E neanche la ricerca di indizi genetici ha rivelato granché, a parte il fatto che il disturbo sembra ereditario.
Basta etichette
“Negli ultimi dieci anni si è cominciato ad accettare che non è un singolo fenomeno biologico”, dice Edmund Sonuga-Barke, neuroscienziato del King’s college London. Questo potrebbe spiegare perché interventi psicologici specifici, come le terapie per potenziare la memoria di lavoro, non abbiano prodotto risultati. I farmaci invece possono essere molto efficaci. Gli psicostimolanti, prescritti nella maggioranza dei casi, aiutano l’attenzione e la concentrazione e funzionano subito. Per Sonuga-Barke, questo potrebbe essere dovuto al fatto che agiscono sui recettori della dopamina e della noradrenalina, presenti in tutto il cervello, stimolando quindi molte delle numerose regioni cerebrali interessate dai sintomi.
I farmaci possono migliorare sensibilmente la qualità della vita di chi ha sintomi gravi. Studi recenti condotti in Svezia hanno rilevato una correlazione con una minore probabilità di disoccupazione e di incidenti mortali. I benefici, però, vanno confrontati con i rischi. Nei bambini possono influire sullo sviluppo e sono riservati ai casi gravi. Negli adulti hanno effetti collaterali come l’aumento del rischio di psicosi e disturbi cardiaci, e possono aggravare i problemi di salute mentale.
Potrebbero esistere migliori soluzioni a lungo termine. Alcuni scienziati propongono di modificare i criteri diagnostici per l’Adhd e altri disturbi come l’autismo e la dislessia. Spesso i sintomi dell’Adhd si manifestano anche in chi ha gli altri disturbi, rendendo difficile stabilire la diagnosi più appropriata. Al tempo stesso alcuni dei sintomi più comuni tra chi ha uno di questi disturbi (come i problemi di autoregolazione emotiva) sono esclusi dai criteri. Alcuni esperti ritengono quindi che sarebbe più utile un approccio “transdiagnostico” che preveda un aiuto tarato sulle difficoltà cognitive, comportamentali ed emotive di ciascun individuo, senza preoccuparsi delle etichette diagnostiche.
I ricercatori hanno dimostrato che i cambiamenti dell’ambiente circostante portano benefici sensibili. I bambini se la cavano meglio se genitori e insegnanti creano un contesto affettuoso e incoraggiante, con regole e ricompense per i risultati conseguiti negli studi e nel comportamento. In molti adulti i sintomi dell’Adhd spariscono quando hanno un lavoro e una relazione che esaltano i loro punti di forza, dice Stephen Hinshaw, psicologo dell’università della California a Berkeley.
Si potrebbe ottenere molto di più se le scuole e i luoghi di lavoro fossero ripensati per accogliere le persone che hanno i sintomi dell’Adhd, osserva Nancy Doyle della Birkbeck university, invece di aspettarsi che siano loro ad adattarsi. A scuola, per esempio, chiudere porte e finestre riduce i rumori che possono distrarre; inoltre consentire di alzarsi e muoversi durante le lezioni aiuterebbe i bambini che non riescono a restare seduti a lungo. Doyle, che offre consulenze alle aziende sulla neurodiversità, ha scoperto che le persone con Adhd e disturbi simili trovano molto utile poter lavorare da casa.
Ovviamente resta da vedere se questi interventi possono essere efficaci quanto i farmaci, ma di certo semplificherebbero la vita alle tante persone che ricorrono alle medicine per risolvere problemi dovuti all’ambiente più che alla biologia. ◆ sdf
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 103. Compra questo numero | Abbonati