Nell’Unione europea le soluzioni per gestire l’arrivo di migranti irregolari potrebbero dipendere da alcuni casi in discussione in Italia. L’11 novembre un tribunale di Roma ha stabilito che sette richiedenti asilo dovevano essere riportati nella penisola da un centro di detenzione in Albania. A ottobre era stata presa una decisione simile per altre dodici persone. Questi casi evidenziano un problema nei due modi proposti per gestire l’immigrazione irregolare nell’Unione. Il primo è far esaminare le domande d’asilo all’esterno dei suoi confini prima ancora che i richiedenti arrivino; il secondo è affidare a paesi terzi la detenzione dei migranti irregolari e la valutazione delle loro domande d’asilo. In entrambi i casi va trovato un equilibrio tra lo stato di diritto e la solidarietà. In Europa è vietato respingere i migranti in paesi dove corrono dei rischi, quindi bisogna stabilire quali paesi sono considerati sicuri. L’11 novembre i giudici italiani hanno chiesto chiarimenti alla corte di giustizia dell’Unione europea. Le 19 persone riportate in Italia dall’Albania venivano da Bangladesh ed Egitto, due paesi considerati sicuri dal governo italiano. Ma fino a che punto? Nell’ultimo anno l’immigrazione irregolare verso l’Europa si è ridotta, e oggi è inferiore a dieci anni fa. L’ascesa dell’estrema destra ha però rafforzato l’idea che si debba esternalizzare il problema. I Paesi Bassi vorrebbero mandare i migranti in Uganda; la Germania in Ruanda. Il Regno Unito e la presidente della Commissione europea hanno appoggiato le misure prese dall’Italia.
Ora la decisione sulla direzione che dovranno prendere le politiche migratorie è nelle mani dei giudici europei. “La gestione delle frontiere e il diritto d’asilo non sono in contrasto”, ricorda Charlotte Slente, del Danish refugee council, “ma sono entrambi essenziali al progetto europeo e all’umanità che ci unisce tutti”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1589 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati