J.M.G. Le Clézio (Carlos Lujan, Europa Press/Getty)

Bisogna essere proprio ingenui a tacciare d’ingenuità l’arte di J.M.G. Le Clézio. Significa ignorare che l’impossibile è l’orizzonte di qualunque gesto artistico. Quest’orizzonte che nessuno mai raggiungerà mette in moto il linguaggio dello scrittore attraverso una “foresta di paradossi”, ha detto lo stesso Le Clézio nel suo discorso di accettazione per il premio Nobel ricevuto nel 2008. Il lato nobile raccoglie una serie di racconti alcuni dei quali sembrano delle parabole, splendidi nella loro libertà e semplicità. Gli indesiderabili a cui si accenna nel sottotitolo possono vivere in un deserto mediorientale devastato dalle bombe, nei cunicoli della metropolitana di Parigi, nelle foreste di Panamá o nell’isola di Rodrigues e sono tutte persone condannate a una vita di precarietà e di avversità. I vari testi del libro sono uniti da una ricerca del “mondo di mezzo”, l’etrebbema come lo chiamano gli indigeni emberá di Panamá. Ed Etrebbema è proprio il titolo dell’ultimo racconto del libro che descrive i disastri causati dai narcos nel paese dell’America Centrale. L’inizio non potrebbe essere più archetipico: nell’isola di Rodrigues una bambina ha perso il padre, scomparso in mare, ed è costretta a vivere con la matrigna che si risposa con un libidinoso parassita. Lei fugge e scopre, nella solitudine, la forza selvaggia della sua voce prima che una serie di incontri la lancino verso un successo artistico che per lei sarà soprattutto una forma di liberazione. Davanti agli occhi stupefatti del lettore questi racconti si cristallizzano con la massima naturalezza, senza far trasparire lo sforzo dell’autore. La frasi vibrano come corde, almeno apparentemente con semplicità, ma ricche di armonie combinate tra loro e che lo scrittore sa far emergere con grande maestria. Quando terze persone, sensibili al fascino della voce della ragazzina, le si avvicinano e le offrono aiuto esplodono le tensioni accumulate nelle pagine in cui si descriveva la sua vita disgraziata. Qualcuno potrebbe giudicare ridicole queste emozioni. Altri ci rifletteranno rileggendo ciò che dice il narratore di uno dei racconti: “Sono tutti come me, in cerca di un miracolo, in cerca di un essere umano che li ascolti e che gli permetta di vivere”. Perché nessuno può esistere senza un testimone. Bertrand Leclaire, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1590 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati