Giovedì 14 novembre, con una cerimonia ufficiale alla presenza di Emmanuel Macron, l’Académie française ha presentato la nona edizione del suo dizionario, frutto di un lavoro di attualizzazione cominciato nel 1985. Rispetto all’ottava edizione, che risale al 1935, sono state aggiunte 21mila parole per arrivare a un totale di 58mila. Tra le innovazioni rivendicate dagli accademici, il posto sempre più rilevante occupato dalla scienza e dalla tecnologia, oltre all’introduzione di termini mutuati da altre lingue (inglese, italiano, tedesco, giapponese, russo, turco, arabo e portoghese). Puntuali sono arrivate anche le critiche per la lentezza della compilazione e per le inevitabili omissioni. Se entrano in gioco “yuzu”, “telelavoro”, “vibratore” e “tofu”, impossibile non notare l’assenza di termini come “femminicidio”, “smartphone” o “web”. La linguista Julie Neveux ha difeso gli accademici parlando di un’opera “prudentemente attuale”. Del resto la stessa Académie è un’istituzione antica, fondata nel 1635 nientemeno che dal cardinale Richelieu. Télérama
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Questo articolo è uscito sul numero 1590 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati