Il 4 dicembre l’assemblea nazionale francese ha votato una mozione di sfiducia al governo guidato da Michel Barnier. In calendario ce n’erano due: una presentata dal Nuovo fronte popolare (Nfp, sinistra) e una dall’estrema destra del Rassemblement national. Le due forze politiche contestavano al premier la decisione di far passare la parte della legge di bilancio relativa al finanziamento dello stato sociale senza l’accordo del parlamento, una procedura che la costituzione francese prevede in via eccezionale nell’articolo 49 comma 3. Oltre ad aver innescato una crisi finanziaria, la crisi di governo mette a rischio anche il presidente Emmanuel Macron, che secondo Libération “è un re quasi nudo. Non ha più da tempo il suo fiuto politico né intorno a sé qualcuno che ce l’abbia al posto suo. Ha trascinato il paese in una delle crisi politiche più gravi della quinta repubblica”. E neppure la riapertura della cattedrale di Notre-Dame, l’8 dicembre a Parigi, “potrà aiutare a trovare la soluzione miracolosa”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati