La politica tedesca attraversa una fase pericolosa dopo la decisione di Friedrich Merz, leader dell’Unione cristianodemocratica (centrodestra, all’opposizione), di chiedere i voti dell’estrema destra di Alternative für Deutschland (Afd) sull’immigrazione. Il 29 gennaio il voto su una mozione parlamentare non vincolante ha mandato in frantumi il patto trasversale che bloccava finora l’avanzata dell’estrema destra. Merz crede che la sua iniziativa sia giustificata dalle violenze commesse dai migranti, ma gli altri partiti potrebbero rifiutarsi di negoziare con lui dopo le elezioni legislative del 23 febbraio. Merz ha promesso che non governerà con l’Afd, ma il cancelliere uscente Olaf Scholz non gli crede e anche l’ex cancelliera Angela Merkel l’ha criticato. Merz, che sta cercando di strappare voti all’Afd, afferma che le sue proposte sull’immigrazione sono “giuste anche se le sostengono le persone sbagliate”. Considerando il passato nazista della Germania, le conseguenze di un’entrata dell’estrema destra nel governo per la politica europea sarebbero enormi. La tendenza in atto è stata anticipata negli ultimi anni da un generale slittamento a destra del continente, una realtà evidente sia nel Parlamento europeo sia nella Commissione. Oggi parecchi governi controllano l’immigrazione e chiudono le frontiere più rigidamente che in passato. E intanto le politiche interne ed esterne dell’Ue sono in fase di riesame, in un processo che mette in discussione la libertà di movimento, uno dei più grandi risultati dell’integrazione europea.

Nelle poche settimane che restano prima del voto, i tedeschi dovranno prendere una decisione in un panorama politico sempre più frammentato. Il rischio è che un’azione opportunistica per creare una maggioranza di governo possa cancellare la stabilità politica della Germania, che è stata una costante dal dopoguerra. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1600 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati