◆ Raccogliere l’umidità dalla nebbia su larga scala può essere una soluzione sostenibile per ridurre la pressione sulle risorse idriche, afferma uno studio pubblicato su Frontiers of Environmental Sciences. Questa tecnica relativamente semplice si serve di reti a maglia fine stese perpendicolarmente al suolo, che fanno condensare il vapore acqueo in minuscole goccioline. È usata da decenni in America Latina, soprattutto nelle regioni andine dove l’umidità che si forma sull’oceano Pacifico viene spinta dai venti verso le alture, ma di recente si è diffusa anche in altre regioni aride, dalla California al Marocco. Lo studio ha preso in esame il caso di Alto Hospicio, nel nord del Cile. Questa città di 140mila abitanti sorge nel deserto di Atacama e riceve meno di cinque millimetri di pioggia all’anno. L’acqua deve quindi essere attinta dalle falde acquifere, che risalgono a diecimila anni fa e non sono rinnovabili. Analizzando i dati meteorologici e i modelli sulla formazione della nebbia, i ricercatori hanno stimato che con un metro quadrato di rete è possibile ottenere 2,5 litri di acqua al giorno. Per coprire il fabbisogno dei quartieri più poveri, dove l’acqua dev’essere trasportata con le autocisterne, sarebbero sufficienti 17mila metri quadrati di reti. Nella maggior parte dei paesi la raccolta della nebbia è più costosa rispetto ad altre fonti di approvvigionamento, ma con l’intensificarsi dei periodi di siccità dovuto al cambiamento climatico potrebbe diventare conveniente in molte regioni aride.

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Questo articolo è uscito sul numero 1603 di Internazionale, a pagina 124. Compra questo numero | Abbonati