Nel dialetto siciliano il tempo futuro non esiste. Per parlare del domani si usa il presente accompagnato da espressioni come “domani”, “dopodomani” e “mai”. Del resto, in Sicilia più che altrove lo sguardo è rivolto al passato.

No future è uno slogan esistenziale piuttosto adatto al capoluogo siciliano, che negli anni ottanta, durante una delle guerre di mafia più sanguinose, ha incarnato un paradossale mix di nichilismo e voglia di cambiamento attraverso una vivace scena punk.

Nei primi anni duemila l’ExKarcere era il cuore della scena punk-hardcore

In barba al turismo e alla gentrificazione, Palermo, con la sua architettura fatiscente, è ancora oggi sporca, rumorosa, anarchica e uguale a se stessa. Il punk ha esercitato una forte influenza sulla città, come documenta molto bene il volume fotografico di Fabio Sgroi Palermo 1984–1986, Early works (YardPress 2018).

All’epoca Sgroi, insieme alla fotografa Letizia Battaglia, collaborava con L’Ora, giornale progressista e antimafia. I due ritraevano soprattutto le scene degli omicidi. Nel tempo libero Sgroi si concentrava sulla sottocultura punk, hardcore e dark­wave della città. Tra i tanti locali e le occupazioni, la vita culturale di Palermo faceva da contrappeso alla violenza onnipresente.

Era un baluardo più che necessario, visto che tra il 1980 e il 1993 la mafia a Palermo ha ucciso centinaia di persone. Solo alla metà degli anni novanta, con la decisa risposta dello stato a cosa nostra, dopo gli attentati in cui sono morti i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la città è diventata più sicura, grazie a una svolta epocale frutto dell’impegno politico e culturale contro la mafia del sindaco Leoluca Orlando, che nel 2022 ha lasciato la politica dopo aver ricoperto quel ruolo per 25 anni, per tre mandati non consecutivi.

A prezzi popolari

Negli anni ottanta la maggior parte dei palermitani considerava inavvicinabile il centro storico, nonostante le sue magnifiche architetture. Oggi Sgroi, che incontro al caffè del Kassaro, a due passi dalla piazza barocca Quattro Canti, traccia un parallelo tra la Palermo contemporanea e uno dei suoi più famosi affreschi quattrocenteschi, in cui la morte raffigurata come uno scheletro (la peste) armato d’arco e frecce, intento a prendere di mira personaggi di tutte le classi sociali. “Il trionfo della morte di palazzo Abatellis è un’immagine azzeccata”, spiega Sgroi. “Nonostante i tanti turisti, nei vicoli e in periferia la morte è ancora in agguato”.

La scena punk, con gruppi come MGs e Under trash, era nata in reazione a quei tempi bui, prosegue Sgroi, quando le forze dell’ordine la reprimevano duramente e c’erano anche gli omicidi di mafia. “Il punk e la darkwave ci hanno salvato la vita, proprio perché davano spazio anche a rappresentazioni della morte. All’epoca noi ce ne volevamo andare da qui e invece oggi a Palermo vogliono venirci tutti. Eppure la città è rimasta chiusa in se stessa”. Ci sono zone dove l’anima politica del punk è ancora viva: in particolare nella Palestra popolare, centro sportivo e culturale in via San Basilio, vicino allo storico mercato della Vucciria, una palestra degli anni trenta collocata nel cortile di un palazzo del seicento. Alle pareti, accanto alla bandiera siciliana – la Trinacria con la testa di Medusa – spiccano citazioni di Muhammed Ali, eroe del pugilato, e degli indipendentisti e dei separatisti siciliani.

La palestra è nata da un’occupazione che puntava a offrire a tutti i palermitani la possibilità di accedere a sport e cultura a prezzi popolari. Si praticano soprattutto le arti marziali e il sollevamento pesi, ma si fa anche musica punk, hardcore e folk siciliano. La palestra ha raccolto l’eredità dell’ExKarcere, un’ex prigione femminile occupata, che nei primi anni duemila era il cuore della scena punk-hardcore.

All’organizzazione delle attività sportive e musicali partecipa anche Verdiana Mineo, atleta pluripremiata del sollevamento pesi, considerata una delle donne più forti del mondo. È forte anche la voce con cui canta – rigorosamente in siciliano – come front woman dei Mavaria, gruppo folk siciliano contemporaneo. Dal vivo la voce roca aggiunge accenti mediterranei alle malinconiche ballate, che spesso sono quelle composte da Rosa Balistreri, leggenda della musica folk che negli anni settanta aveva trascritto e registrato tante vecchie canzoni popolari. “La nostra è una musica malinconica”, spiega Mineo, “perché la musica popolare siciliana è fondamentalmente triste e spesso parla delle condizioni di vita dei lavoratori, della campagna, della povertà e di storie d’amore molto cupe. Il mio obiettivo di attivista, ma anche di atleta e cantante, è denunciare e superare le disuguaglianze sociali. Rivendichiamo anche l’indipendenza siciliana, non per orgoglio nazionalista ma perché vorremmo che nascesse una coscienza siciliana capace di resistere al sistema capitalista che ci sfrutta”.

Il lato oscuro

La scena della musica elettronica palermitana è meno politica ma altrettanto indipendente. Nata durante le occupazioni degli anni novanta, oggi può essere ascoltata in piccoli disco-pub del centro storico come Castigamatti, Botanico e Fabbrica 102. Proprio in quest’ultimo locale, Riccardo Schirò, fondatore dell’etichetta Gravity Graffiti e conosciuto anche oltre i confini dell’isola, sta organizzando una serata. La Meeraqui, invece, organizza feste nei sontuosi palazzi e giardini di villa Tasca (nota grazie alla serie tv The white lotus), mentre non ha una sua sede il collettivo queer Fluidae collective, fondato nel 2021 per creare in Sicilia spazi sicuri per persone queer e non binarie, oltre che per tener vivo il legame che l’isola ha con la natura anche nell’arte e nella musica. Pur essendo catanesi, i quattro componenti del collettivo sono molto presenti a Palermo. E questo è un bene.

Può non sorprendere che produttori e dj palermitani di fama internazionale, come Luca Mortellaro, fondatore dell’etichetta Stroboscopic Artefacts, o il produttore di musica industriale Nino Pedone (alias Shapednoise), si siano trasferiti a Berlino anni fa. È sorprendente, però, che entrambi da allora si siano esibiti a Palermo solo rarissimamente. Mortellaro, che qualche anno fa è tornato in città, a febbraio ha suonato per la prima volta da quando era giovane nel locale I Candelai, mentre Pedone, che di recente ha presentato il suo album Absurd matter al festival Berlin Atonal, si è esibito in città una sola volta.

La dj Flora Pitrolo, 35 anni, fondatrice dell’etichetta A Colder Consciousness, non si stupisce. Laureata in lettere e ricercatrice musicale e teatrale al Birkbeck college della University of London, è convinta che sia tipico di Palermo ignorare i suoi talenti invece di accoglierli a braccia aperte: “Prima che santa Rosalia diventasse la patrona di Palermo, il nume tutelare della città di epoca preromana era il cosiddetto Genio di Palermo, solitamente raffigurato come un uomo che allatta un serpente. L’iscrizione latina sulla sua statua recita: ‘Palermo divora i suoi e nutre gli stranieri’. E questo vale anche per la rinascita palermitana. Se un tempo la scena musicale cittadina era irrimediabilmente isolata, ora soffre l’eccessiva attenzione data al turismo. Le arti figurative possono contare su fondazioni e finanziatori privati, mentre l’attività musicale dipende dalla fedeltà del pubblico”.

Come Fabio Sgroi, anche Pitrolo pensa che il lato oscuro di Palermo giochi un ruolo fondamentale – talvolta esagerato – nell’immagine offerta dalla scena musicale. Nonostante i suoi lavori non riguardino direttamente Palermo, la sua musica è stata influenzata e orientata proprio dall’atmosfera cupa e culturalmente isolata della città, specialmente quando era una giovane artista goth. Oggi Pitrolo, con il dj Nunzio Borino, organizza la serata Creature (Italodisco, EBM ed elettronica sperimentale) nel locale I Candelai.

La musica sperimentale palermitana ha al tempo stesso un respiro locale e internazionale, e i concerti del collettivo Curva Minore sono stati una forza trainante. La biennale artistica Manifesta, ospitata a Palermo nel 2018, ha gettato i semi di un nuovo cosmopolitismo, anche se con un impatto limitato sulla scena artistica locale e sulla musica sperimentale. L’esperienza musicale più intensa e importante rimane però quella della Vucciria: nelle notti del fine settimana capita spesso che ritmi afrobeat, reggaeton e pop rimbalzino da un sound system all’altro ad altissimo volume.

Come sempre il futuro di Palermo e della sua musica è incerto, perciò No future continua a essere uno slogan attuale per una città dove, come nel dialetto siciliano, il passato è ovunque e il futuro è nel presente. ◆ sk

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Questo articolo è uscito sul numero 1546 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati