Dopo una lunga attesa, la sera del 18 marzo sono arrivate almeno due certezze: la prima è che Donald Trump e Vladimir Putin hanno avuto la più lunga conversazione telefonica nella storia piuttosto movimentata delle relazioni tra i loro paesi. Più di due ore, secondo gli statunitensi; due ore e ventotto minuti per l’esattezza, precisa da Mosca Evgenij Popov, presentatore televisivo e deputato vicino a Putin. La seconda certezza è che l’inquilino della Casa Bianca non ha potuto annunciare urbi et orbi, come avrebbe voluto, di aver convinto il presidente russo ad accettare una tregua di trenta giorni nella guerra in Ucraina. “La parte russa ha sottolineato una serie di punti importanti, come la garanzia di un controllo efficace dell’eventuale cessate il fuoco lungo tutta la linea di contatto del combattimento, la necessità di fermare la mobilitazione forzata in Ucraina e d’interrompere il riarmo delle forze armate ucraine”, si legge nel comunicato diffuso dal Cremlino dopo la telefonata. I russi esprimono anche preoccupazione per “i seri rischi legati all’incapacità di negoziare da parte del regime di Kiev, che ha violato più volte gli accordi presi”. Mosca ha inoltre precisato che lo stop agli aiuti militari e alla condivisione d’informazioni d’intelligence da parte di Washington è una condizione imprescindibile per il futuro dei negoziati.
I due presidenti sembrano tuttavia aver trovato un accordo per una tregua parziale sugli attacchi alle infrastrutture energetiche. Una proposta avanzata dagli statunitensi, secondo le dichiarazioni del Cremlino. L’idea non è nuova, le due parti ne avevano già discusso in passato ed erano addirittura vicine a un accordo prima che l’incursione ucraina dell’estate scorsa a Kursk, in territorio russo, facesse cambiare idea a Mosca. Trump e Putin hanno anche deciso di collaborare “per rendere sicura la navigazione nel mar Nero”, un altro punto già affrontato in passato. Era stato perfino oggetto di un accordo, probabilmente l’unico di questo tipo dall’inizio della guerra, firmato nel luglio 2022 da Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite. Quello che ha permesso fino a oggi, nel limite del possibile, di esportare i cereali ucraini.
Mosca prende tempo
Questa lunga e tanto attesa conversazione telefonica ha partorito un topolino? Putin ha annunciato anche dei “gesti di buona volontà”, come lo scambio di prigionieri e il trasferimento di una ventina di soldati feriti in modo grave. Si è anche impegnato, a quanto pare su insistenti richieste di Trump, a risparmiare la vita dei militari ucraini che si arrenderanno nella zona di Kursk e che in precedenza aveva definito “terroristi”. Il comunicato russo ci tiene a sottolineare che Putin è stato a sua volta propositivo: ha proposto di organizzare delle partite di hockey tra russi e statunitensi. E Trump avrebbe accettato.
La Casa Bianca è stata molto più sintetica del Cremlino: ha annunciato solo il raggiungimento della tregua parziale e ribadito l’impegno a portare avanti i negoziati. “I due leader hanno concordato che il processo di pace comincerà con un cessate il fuoco sulle infrastrutture energetiche, nonché con negoziati tecnici sull’attuazione di un cessate il fuoco nel mar Nero”, si legge nella dichiarazione degli Stati Uniti.
È ormai evidente che l’ambizione di Trump di raggiungere un “accordo rapido” si è scontrata con le manovre temporeggiatrici dei russi. A vincere questa prima partita è stato indubbiamente Putin, che ha imposto i suoi ritmi e le sue condizioni. Ora potrà senz’altro raggiungere il suo obiettivo immediato sul campo, cioè cacciare i combattenti ucraini dalla regione di Kursk – per lui una spina nel fianco e un colpo all’ego.
Secondo diverse fonti il capo del Cremlino, che si è mostrato per la prima volta in tuta mimetica a Kursk dopo tre anni di guerra, potrebbe essere tentato di aumentare il suo vantaggio occupando una parte della regione di confine in modo da creare una “zona di sicurezza”. Ma tutto fa pensare che gli ucraini non resteranno con le braccia incrociate mentre Washington e Mosca decidono del loro destino alle loro spalle. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1606 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati