L’imprevedibile variante delta ha modificato le previsioni sulla traiettoria della pandemia al punto che oggi è difficile stabilire cosa aspettarsi e se ha ancora senso aspettarsi qualcosa. Quanto tempo passerà prima di poter comprare un divano e riceverlo secondo i tempi previsti? La nostra vita quotidiana, infatti, dipende fortemente dal moto perpetuo della filiera in cui i generi alimentari, i medicinali, i mobili e gli indumenti si contendono le stesse risorse logistiche.
La situazione a questo punto avrebbe dovuto essere migliore. Magari non perfetta (neanche una fine trionfale della pandemia impedirebbe al cambiamento climatico o all’instabilità politica di alterare la logistica globale), ma comunque migliore. E invece la variante delta ha innescato nuove restrizioni in paesi che combattono per arginare il virus, aumentando l’incertezza e la paura negli Stati Uniti. Il gioco del gatto e del topo a cui i produttori e i trasportatori partecipano da un anno e mezzo è diventato ancora più complicato. Alcuni editori hanno dovuto rinviare la pubblicazione di nuovi libri perché la polpa per produrre la carta è stata monopolizzata dall’insaziabile appetito per il cartone delle aziende di commercio online.
Questi problemi sconcertano gli statunitensi, che negli ultimi mesi hanno visto la loro vita riavvicinarsi alla normalità: alcuni sono tornati in ufficio, hanno ripreso ad accompagnare i figli a scuola, mangiano al ristorante e vanno in vacanza senza preoccuparsi. Gli americani di solito sono indifferenti al gigantesco apparato dietro i prodotti che usano nella vita quotidiana. Durante la pandemia sono stati trattati come se fossero separati dal resto del mondo e dalle sue difficoltà, ma gli scaffali improvvisamente vuoti, l’aumento dei prezzi e le lunghe code sono l’ennesima prova di quanto questa convinzione fosse ingenua.
I paesi che cercano di soddisfare la domanda dei mercati ricchi, come quello statunitense, stanno anche cercando di scongiurare eventi catastrofici per la salute della loro popolazione. In Vietnam e Malesia, dove si fabbrica un terzo delle scarpe importate negli Stati Uniti e da dove arrivano alcuni componenti dei processori, è stato necessario ridurre la produzione e la forza lavoro nei porti per controllare la pericolosa variante delta del virus. In Vietnam le persone che hanno concluso il ciclo vaccinale sono meno del 10 per cento, mentre la Malaysia sta cominciando solo ora a riprendersi da un picco di contagi della variante delta nonostante un buon tasso di vaccinazione.
Se osserviamo attentamente i problemi che emergono in qualsiasi fase della filiera, arriviamo inevitabilmente alla stessa conclusione: le persone che si occupano concretamente di fabbricare e trasportare i beni non riescono a tenere il ritmo. Le navi portacontainer aspettano al largo, a volte per mesi, perché i porti non riescono a scaricarle più rapidamente visto che mancano scaricatori, magazzinieri, ispettori doganali e operai specializzati. Gli autotrasportatori erano molto richiesti già prima della pandemia, e ora semplicemente non bastano per svolgere il lavoro necessario. Il problema è talmente serio che alcune agenzie statunitensi hanno cominciato a reclutare gli autotrasportatori all’estero, e diversi esperti temono che il recente annuncio dell’obbligo vaccinale per le grandi aziende possa limitarne ulteriormente il numero. Molte associazioni e società di trasporti ritengono che il numero di autisti vaccinati sia molto basso, scrive FreightWaves, un sito che si occupa del settore delle spedizioni. Le piccole ditte di trasporto su strada prevedono di ricevere la candidatura di molti autisti che vorranno abbandonare le grandi aziende una volta entrato in vigore l’obbligo vaccinale. Anche nel migliore scenario possibile, questo fenomeno sconvolgerebbe i trasporti per mesi.
L’industria della carne
Per quanto riguarda altri impieghi nella catena delle forniture, i motivi delle carenze di lavoratori sono lampanti. Il confezionamento dei prodotti alimentari negli Stati Uniti dipende in modo sproporzionato dai lavoratori poveri in arrivo da altri paesi o già immigrati, cioè quelli colpiti in modo più catastrofico dal virus. Le aziende che confezionano la carne, per esempio, non riescono a trovare dipendenti, e questo potrebbe avere effetti sulla merce disponibile al supermercato. Il lavoro in questo settore era già faticoso e pericoloso prima della pandemia, ma con l’arrivo del virus in alcuni impianti sono scoppiati focolai così violenti da aver provocato da soli un’impennata dei contagi. Migliaia di persone sono state infettate, e centinaia di lavoratori hanno perso la vita. I numeri, tra l’altro, non includono le persone infettate o morte perché vivevano con i dipendenti degli impianti per la lavorazione della carne.
In uno stabilimento dell’Iowa, negli Stati Uniti, la Tyson Foods ha licenziato sette dirigenti accusati di aver scommesso sul numero di impiegati che sarebbero stati contagiati dal covid-19. Oggi l’industria statunitense della carne ha improvvisamente scoperto che rispetto al periodo precedente al covid-19 mancano le persone disposte a lavorare negli stabilimenti, e il motivo è che molte sono morte o hanno problemi di salute invalidanti a causa del virus, e le altre non hanno voglia di andare incontro allo stesso destino.
Quando vi innervosite perché non c’è scelta al supermercato o scoprite che il vostro ordine online è in ritardo per inconvenienti durante il trasporto, è facile immaginare i problemi nella “rete di distribuzione” – magazzini vuoti, fabbriche chiuse, navi bloccate e camion fermi – come problemi che riguardano macchinari industriali complessi del tutto scollegati dalla nostra quotidianità. È per questo che gli effetti di certi problemi sembrano casuali. Ma questo modo di vedere deriva anche dalla volontà delle aziende di far sì che i consumatori non pensino mai a ciò che sta dietro la produzione. I venditori vogliono che fare acquisti sia percepito come un’attività divertente, un sollievo. Non un problema.
In tutto il mondo la manodopera è il fantasma nell’ingranaggio. La catena delle forniture è composta da uomini e donne che usano i macchinari, scaricano i bancali, raccolgono i pomodori o guidano i camion. A volte sono persone che esistono nelle bolle delle fabbriche situate all’estero, gente che mangia e dorme nello stesso luogo in cui lavora, in modo che le aziende possano continuare a produrre scarpe da ginnastica durante un focolaio della variante delta. La pandemia ha inceppato la filiera perché rappresenta una minaccia esistenziale per la vita delle persone che ci lavorano. Il fatto che oggi gli statunitensi possano vaccinarsi in sicurezza non significa che le persone all’altro capo del mondo possano produrre per loro costumi da bagno in altrettanta sicurezza. La normalità percepita dai consumatori era creata da questo lavoro nascosto. Ed è sempre stata minacciata da condizioni di lavoro pericolose. Ora nessuno può pensare che la distribuzione torni a scorrere senza intoppi se tutti non saranno protetti. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1429 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati