A l di là del diritto internazionale e senza frontiere. Questo è lo spazio infinito in cui Israele conduce la sua lunga guerra contro i palestinesi. L’olocausto degli israeliani è durato dodici anni, e il sionismo da allora non ha smesso di beneficiarne. Il non-olocausto dei palestinesi dura da 75 anni. E il mondo occidentale – cioè gli Stati Uniti e l’Europa, a cominciare dalla Germania – non si limita a guardarlo senza intervenire. Continua a dare il permesso di portarlo avanti. Le deboli condanne occidentali fanno capire agli israeliani che possono continuare ad abusare, umiliare, schiacciare, torturare, bombardare, uccidere, imprigionare, espellere e rubare terra e acqua. Tutto questo mentre sfruttano cinicamente le famiglie uccise dalla Germania nazista. Il 17 agosto il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è detto disgustato per le parole pronunciate poche ore prima dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, che aveva dichiarato in una conferenza stampa che Israele si è macchiato di “50 olocausti” contro i palestinesi.
È disgustato, signor Scholz? Ecco qualcosa di veramente disgustoso. Il ministro israeliano della difesa Benny Gantz avrebbe fermato il provvedimento che ha messo fuorilegge sette ong palestinesi in Cisgiordania se avesse saputo che l’Unione europea avrebbe reagito con una sanzione. Non ci sarebbe stata un’irruzione di israeliani armati negli uffici di quelle organizzazioni il 18 agosto se un funzionario dell’amministrazione del presidente statunitense Joe Biden avesse bloccato Gantz per tempo. Eppure l’Europa e gli Stati Uniti sono rapidi nell’applicare sanzioni contro la nazione occupata ed espropriata.
Se da una parte aderiscono alla soluzione dei due stati, i paesi europei non sospendono le relazioni diplomatiche con Israele mentre divora le terre palestinesi
Israele apre sempre nuovi fronti nella sua guerra contro i palestinesi. Usa risorse inesauribili: soldi, soldati, giuristi, cittadini indifferenti e bugie avvolte nei ritornelli della sicurezza e dei segreti di stato. Non servirà aspettare cinquanta o sessant’anni e l’apertura degli archivi per scoprire che c’era un piano spietato del governo israeliano dietro azioni considerate iniziative individuali (come il massacro di Kafr Qasim nel 1956), o intenzioni diverse da quelle dichiarate (come il governo militare imposto ai cittadini arabo-israeliani dal 1948 al 1966, il cui scopo era prevenire che tornassero nelle loro terre e completare l’opera di confisca). Anche senza vedere quei documenti sappiamo perché Israele proibisce quelle sette ong: la loro attività rafforza la sumud palestinese, cioè la resilienza, nei confronti dell’occupazione; le informazioni, testimonianze e analisi fornite da queste organizzazioni sono fonti d’archivio importanti per qualsiasi reclamo palestinese contro l’occupazione in sedi legali internazionali; queste ong, e i loro attivisti, sono anche critiche verso l’Autorità nazionale palestinese, e la determinazione di Israele fa venire il sospetto che anche l’Autorità le voglia vedere chiuse; conservano e alimentano lo spirito di unità palestinese alla base della hamula, la famiglia allargata, di fatto contrastando le attività con cui Israele punta a erodere la società. L’obiettivo di Israele è costringere ogni persona, o al massimo ogni famiglia, ad affrontare da sola la crudeltà dell’occupazione.
Se da una parte aderiscono alla soluzione dei due stati, i paesi europei non sospendono le relazioni diplomatiche con Israele mentre divora quel poco che resta delle terre palestinesi in Cisgiordania, in violazione delle risoluzioni dell’Onu e del diritto internazionale. Non hanno richiamato i loro ambasciatori per far desistere il governo israeliano dall’imprigionare più di due milioni di palestinesi nella galera che chiamiamo Striscia di Gaza. Non hanno sospeso gli accordi commerciali con Israele anche se non ha mai rispettato il principio basilare degli accordi di Oslo, cioè che Gaza e la Cisgiordania sono una sola unità territoriale. Non cancellano le intese sugli armamenti e gli strumenti di spionaggio in relazione al fatto che Israele continua a schiacciare Gaza usando armi e mezzi tecnologici da fantascienza per sorvegliare qualsiasi palestinese. Non limitano l’ingresso degli israeliani sul loro territorio per rispondere alle misure restrittive che lo stato israeliano impone ai palestinesi, alle loro mogli e ai loro mariti.
Israele continua a distruggere e confiscare equipaggiamenti umanitari (pannelli solari, condotte d’acqua e strutture mobili) pagati dai paesi europei e sa bene che non gli costerà nulla di più di una debole condanna verbale. Nel frattempo assegna le terre rubate a ebrei britannici, francesi, statunitensi, canadesi e argentini, con la certezza che gli altri paesi non puniranno la sua ingordigia.
Dopo la chiusura delle sette ong, Israele e i suoi obbedienti cittadini, beneficiari di questa rapina legalizzata, continueranno indisturbati a perseguitare i gruppi della società civile e a mettere a tacere gli attivisti. Con il permesso dell’Europa e degli Stati Uniti. ◆ dl
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Questo articolo è uscito sul numero 1475 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati