Qualche anno fa, tra un lavoro e l’altro, ho cominciato a fare consulti astrologici a pagamento. L’idea di farmi pagare per il mio hobby mi è venuta all’aeroporto di Las Vegas, negli Stati Uniti, mentre bevevo una birra alle slot machine di Dolly Parton. Vedere tutte quelle persone intorno a me intascare qualche moneta senza fare nulla mi ha fatto capire che potevo trasformare una mia fissa in una fonte di guadagno. Non avevo mai davvero studiato astrologia, ma passavo un sacco di tempo online e vivevo in California, il che voleva dire che ne sapevo abbastanza.
All’inizio l’astrologia mi ha attirata come oggetto di conversazione. Le chiacchiere inutili mi uccidono. Non m’importa veramente nulla del digiuno intermittente di tizia o di come l’orange wine abbia cambiato la vita di caio. L’astrologia mi piace perché permette di saltare le cazzate o forse è solo una cazzata più interessante. A me interessa sapere se una persona ha manie di controllo o se è incline all’isteria.
L’astrologia mi piace anche perché trascende la classe, il genere e la sessualità. Abbiamo tutte e tutti una data di nascita e un tema natale, e anche se alcuni segni (Scorpione, Gemelli) sono più demonizzati di altri (Toro, Pesci) abbiamo tutti qualità e difetti che non c’entrano nulla con il posto dove siamo cresciuti, il colore della nostra pelle, con che genere c’identifichiamo o quanto è prestigioso il nostro lavoro. Ecco come giustificavo la mia crescente ossessione. Usiamo il Sole per calcolare l’ora e sappiamo che la Luna controlla le maree, quindi non c’è niente di assurdo nel pensare che la posizione dei pianeti al momento della nostra nascita abbia conseguenze sulla nostra personalità. O forse sì! Non sono una scienziata, sono una scrittrice. Per campare invento storie.
Apprezzo l’arte del fare consulti astrologici. Per dirla tutta, mi ricorda la mia breve esperienza professionale da avvocata. Immagino che passare da avvocata ad astrologa sia un percorso di carriera insolito, ma credetemi: le due professioni si fondano sulle stesse competenze. In entrambe, partendo da un insieme di regole (leggi e sentenze per il diritto, segni e pianeti per l’astrologia), bisogna produrre una tesi coerente. Quando un’amica mi ha chiesto di calcolare la compatibilità astrologica di ogni invitata al suo addio al nubilato, mi è sembrato di dover passare l’esame di ammissione alla facoltà di giurisprudenza. Di solito, i segni di acqua e di terra vanno d’accordo, mentre i segni di aria sono più compatibili con quelli di fuoco. Attenzione però, non dovevo considerare solo il segno del Sole (la nostra anima), ma anche la Luna (le emozioni), Venere (l’amore), Mercurio (la comunicazione) e Marte (il sesso). Ho creato un enorme foglio di calcolo per ordinare i dati e vedere chi si abbinava meglio con chi. Probabilmente non c’era bisogno di prendere la cosa tanto sul serio, ma sono del segno che sono: Vergine, cioè una che punta sempre alla perfezione.
Per anni mi sono vergognata di essere della Vergine. Non è un segno fico. Siamo noti per essere degli eccentrici timidi, studiosi e fissati con la pulizia. Ovviamente anch’io sono così, e non sono gli aspetti di me che preferisco. Ma poi ho scoperto che Beyoncé è della Vergine, e mi sono sentita meglio. Beyoncé non è una sfigata. È una superstar. Con i giornalisti è riservata, il che è ammirevole, e le sue compulsioni ossessive si traducono in una pignola dedizione al lavoro, in una serie di dischi di platino e in centinaia di milioni di dollari in tasca. Niente mi è mai sembrato più della Vergine di Homecoming, il documentario sul suo concerto al festival Coachella del 2018, in cui ogni aspetto è curato nei minimi dettagli, in cui Bey controlla tutto, dai costumi dei ballerini all’architettura del palco, e in cui passa il tempo a criticarsi perché non riesce a raggiungere la perfezione, il che, naturalmente, è impossibile: supremo rompicapo di ogni Vergine!
Dato che le Vergini preferiscono il controllo alla spontaneità, ho sempre trovato più facile esprimermi con la scrittura che a voce. Quand’ero avvocata, mi occupavo di ricorsi più che di processi, perché i ricorsi sono più lenti e soprattutto sono in forma scritta. Ho deciso di fare così anche i consulti astrologici, invece che di persona. Adoravo farli per le persone che conoscevo, perché potevo riempirli di battute che solo noi capivamo. Se la persona aveva la Luna in Ariete, scrivevo: questo spiega perché affronti tutte le conversazioni come se fossero un controinterrogatorio.
Non c’è niente di assurdo nel pensare che la posizione dei pianeti al momento della nostra nascita abbia conseguenze sulla nostra personalità. O forse sì!
Non ero sempre stronza. Mi piaceva dire alle persone chi erano in un modo che le facesse ridere, ma anche che ne fossero fiere. La cosa fica dell’astrologia è che ogni profilo planetario è abbastanza ampio da permettere di sostenere una cosa e il suo opposto, proprio come la vaghezza con cui le leggi sono scritte e interpretate consente un’infinità di risultati. Prendiamo l’esempio di una persona Sagittario. Se mi stava simpatica e volevo farla sentire bene con se stessa, le dicevo: sei una filosofa positiva, un’intellettuale ottimista, curiosa e divertente, ideale come compagna di viaggio e come invitata alle feste. Se una aveva un ex Sagittario e voleva che lo massacrassi, le dicevo: è senza tatto e sdolcinato, fastidiosamente gioviale e premuroso, probabilmente dipendente dal sesso, ma non del tipo con cui ci si diverte.
L’astrologia è diventata un modo per organizzare il mio universo e renderlo meno spaventoso. Come la maggior parte delle Vergini, sono molto ansiosa. Lo sono sempre stata. A volte più degli altri. Los Angeles, dove vivo, è un posto molto più che arido, perfetto per le lucertole ma molto meno ospitale per gli esseri umani. L’anno scorso, durante un periodo particolarmente brutto, mi sono convinta che la città mi stesse uccidendo. Il mio appartamento si trova proprio accanto a una superstrada, ed ero certa che il fatto di respirare ininterrottamente gas di scarico mi avrebbe portata a una morte prematura. E se non fossi morta avvelenata dai gas di scarico, sarebbe successo sulla superstrada, dove tutti guidano come pazzi ed è richiesta una spericolata disinvoltura. Una macchina mi si sarebbe sfracellata addosso, oppure sarei svenuta al volante per il panico, spiaccicandomi contro lo spartitraffico.
Ne ho parlato con la mia psicologa, le ho detto che sospettavo di dover lasciare Los Angeles per andare a vivere in un posto più tranquillo, più verde, più fresco, meno popolato. Mi ha parlato dell’astrocartografia: sono mappe che indicano, a seconda delle tue influenze astrologiche, dove avresti più difficoltà o possibilità di crescita (lunga vita alle psicologhe alternative californiane!). Dopo la seduta mi sono precipitata a inserire la mia data di nascita su un sito specializzato. Quando ho capito come decifrare la mappa, ho visto che la mia linea di Giove passava esattamente attraverso Los Angeles. Giove rappresenta la prosperità, la buona fortuna e i miracoli. A Los Angeles sono praticamente benedetta. Questa scoperta ha alleviato moltissimo la mia ansia. Ogni volta che guidavo sulla superstrada 405 e avvertivo uno strisciante senso di sventura, mi dicevo che Giove mi stava proteggendo. Se il quinto pianeta più vicino al Sole stava davvero vegliando su di me o no era irrilevante.
A un certo punto, però, il mio interesse per l’astrologia è passato da “divertente” a “forse un po’ patologico”. Alle feste non parlavo d’altro. Se non conoscevo il segno di qualcuno davo un po’ i numeri, mi lanciavo in un’accanita indagine per scoprirlo, facendo domande del tipo: “Hai detto che ti piace la primavera, sei nato in questa stagione?”. Provavo a indovinare i segni zodiacali degli sconosciuti, dei personaggi immaginari, dei luoghi, perfino degli oggetti. La mia camera da letto era un Cancro, calda e accogliente come un grembo materno. La palma davanti alla mia finestra era un Leone, alta e fiera, e illuminava le mie giornate. Il mio iPhone era un Gemelli, fastidioso ma irresistibile.
Ho cominciato a pensare molto alle interazioni tra i miei ascendenti. Il mio Sole in Vergine diceva spesso al mio ascendente Leone “sta’ zitta” e “mettiti un cazzo di reggiseno”. Il mio ascendente Leone ribatteva “trovati una personalità, sfigata”. La mia Luna in Acquario a quel punto interveniva con un “ma care, il sé non esiste”. Il mio Mercurio in Bilancia commentava “mamma mia quanto siete serie, dov’è il problema?”. E la mia Venere in Scorpione ammutoliva tutti tuonando “TUTTO È SERIO COME LA MORTE”. Ho finito con l’usare l’astrologia per allontanarmi dal presente, dalle emozioni, dall’intimità. Liquidavo per scherzo (ma neanche troppo) segni interi (tipo il Toro) e ne idealizzavo altri (tipo i Gemelli). L’astrologia era cominciata come un modo divertente per avvicinarmi agli altri, scherzare e gratificare me stessa e il prossimo, e stava diventando un modo per giudicare, criticare e isolare.
Un amico mi ricorda sempre il giorno in cui, guardando un inseguimento ad alta velocità sulla superstrada, ho urlato: “Acquario!”. Di fronte a quell’evento decisamente pericoloso, l’unica cosa che vedevo era un segno zodiacale. L’astrologia mi ricorda l’effetto narcotico di Pinterest, il modo in cui ti si appanna lo sguardo mentre continui a classificare immagini. Il mondo non è più casuale e spaventoso, ma circoscritto e ordinato. Se hai un problema con qualcuno, non è perché uno dei due ha fatto qualcosa di sbagliato o perché siete misteriosamente incompatibili. È perché è un Toro. Le persone non muoiono senza motivo. È solo che gli Acquari a volte danno di matto sulla superstrada. Semplice. Senza mistero. Non è colpa di nessuno.
Ogni volta che sento covare dentro di me un’ossessione negativa, è segno che devo cominciare a scriverne. Quando non facevo altro che pensare a quanto il diritto fosse insensato e conservatore, ho incanalato le mie considerazioni nel libro Bad lawyer. L’ossessività non è uno dei tratti migliori della mia personalità (a volte mi rende insopportabile), ma è un ottimo mezzo per generare parole su una pagina. Così ho cominciato a scrivere Exalted, un romanzo dal punto di vista di una cinica astrologa online. La protagonista, Emily Forrest, è in parte ispirata a una tipa che subaffittava l’appartamento di una mia amica, una fattona solitaria che non credeva nell’astrologia ma creava meme astrologici “perché sono i più semplici da fare”. Esplorando il rapporto di Emily con l’astrologia ho messo a fuoco anche il mio, il modo in cui alimentava le mie peggiori abitudini. Proprio come il diritto mi aveva spinto a essere pedante e polemica, così l’astrologia mi rendeva più critica e sgradevole.
Verso la fine di Exalted, Emily si rivolge a un’ipnotizzatrice perché la aiuti a smettere di pensare all’astrologia, ma non funziona. E credo che sia fallito anche il mio tentativo di esorcizzare l’ossessione per l’astrologia. Tra una frase e l’altra di questo articolo, mando messaggi alla mia amica scrittrice Grace Perry sulla nostra teoria secondo la quale tutti i grandi geni sono nati sotto la cuspide Acquario-Pesci (Rihanna, Sally Rooney, Kurt Cobain…). E se l’astrologia fosse l’amore tossico a cui non so rinunciare? O forse sto solo dando più peso alle cose negative, come noi esseri umani siamo programmati per fare?
Non voglio liquidare l’astrologia o la fondamentale importanza che ha per alcune persone (a volte anche per me). So che per tanti è fonte di forza, una religione millenaria in un’epoca senza dio. Forse un giorno riuscirò ad avere una relazione più equilibrata con l’astrologia. Ma nel frattempo rimango fedele all’antica massima di Paris Hilton: “Le stelle sono cieche”. ◆ fs
Anna Dorn
è una scrittrice statunitense. È stata avvocata. Questo articolo è uscito sul trimestrale letterario britannico Granta con il titolo The stars are blind.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1474 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati