Mohammed bin Salman ha più di un asso nella manica. Tutto il mondo aspettava di vedere come sarebbe stato il primo vertice della Lega araba a Jedda, in Arabia Saudita, con la partecipazione dopo dodici anni del presidente siriano Bashar al Assad. Ed ecco che il principe ereditario saudita ha tirato fuori a sorpresa un coniglio dal cilindro: l’arrivo del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj.
Doveva essere il summit della vergogna, il raduno di un club di dittatori che invitava di nuovo al suo tavolo il peggiore di loro. E invece è diventato un evento internazionale che riporta la Lega araba, un aggeggio che non è mai servito a niente, sulla scena internazionale.
Tutti volevano vedere il ritorno del presidente siriano Assad al tavolo della Lega araba. Ed ecco che il principe saudita Mohammed bin Salman ha tirato fuori il leader ucraino Volodymyr Zelenskyj
Dire che Mohammed bin Salman, conosciuto anche come Mbs, abbia messo a segno un colpo efficace è riduttivo. La presenza del dittatore siriano è apparsa improvvisamente secondaria. Soprattutto, il principe ereditario ha mandato due messaggi importanti. Uno per dire che la monarchia saudita vuole svolgere un ruolo di mediatore nel conflitto che sconvolge l’ordine internazionale. L’altro per spiegare che, nonostante i buoni rapporti con la Russia, può offrire a Zelenskyj una tribuna davanti a dei leader che, nel migliore dei casi, sono indifferenti al conflitto e, nel peggiore, sono completamente allineati con Mosca. Per uno scherzo del destino Bashar al Assad, in debito con Vladimir Putin, che l’ha mantenuto al potere, è stato costretto ad ascoltare il leader ucraino mentre denunciava l’aggressione russa.
Il principe saudita aveva tutto da guadagnare dal fatto che Zelenskyj fosse presente al vertice. Alla peggio, sarebbe stato un tentativo malriuscito. Per ora invece Mbs sta assumendo una dimensione mai raggiunta da nessun leader arabo dai tempi del presidente egiziano Nasser.
Ma perché Zelenskyj, che incarna la difesa del “mondo libero”, ha accettato d’imbarcarsi con questa ciurma di despoti? Questo è l’elemento più interessante. Il leader ucraino ha ritenuto di avere anche lui tutto da guadagnare a cercare di convincere i paesi arabi a dargli maggior sostegno contro Mosca.
Anche se le sue possibilità di successo sono deboli, Zelenskyj, in piena offensiva russa, si è preso il tempo di spiegare la sua causa a un pubblico il cui appoggio non è affatto scontato. Perché il mondo arabo, e in particolare le petro-monarchie del Golfo, oggi occupano una posizione chiave su una scena internazionale in piena evoluzione. Il paradosso è che l’hanno ottenuta grazie all’aggressione russa all’Ucraina. Se Mohammed bin Salman può invitare Zelenskyj a Jedda, se può costringere tutti i paesi arabi a fare quello che vuole, è perché le casse del suo regno sono stracolme grazie al fatto che il petrolio si è venduto in media a cento dollari al barile nel 2022. Il presidente ucraino ha capito, proprio come Joe Biden ed Emmanuel Macron prima di lui, che l’Arabia Saudita potrebbe essere un alleato importante per sconfiggere Vladimir Putin.
Zelenskyj non è andato a Jedda per cercare un mediatore, ma un nuovo alleato. A medio termine l’interesse del regno, impegnato a diversificare le sue attività economiche, è che l’ordine internazionale e la regione stessa si stabilizzino. Ma ci vorrà molto di più di una visita del leader ucraino per convincere Bin Salman ad allontanarsi da Putin rinunciando a una manna finanziaria e a una leva geopolitica che oggi lo rendono imprescindibile.
Il delfino si diverte a stravolgere l’ordine internazionale. Continua a fare mosse azzardate che per il momento colgono tutti di sorpresa. Ma questa non è una strategia. Nella regione alcuni dei suoi alleati storcono il naso. L’assenza a Jedda del presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed, la dice lunga sulla rivalità tra i due uomini. Anche la partenza precipitosa dell’emiro del Qatar non è passata inosservata.
Mohammed bin Salman sta giocando su più tavoli: Cina, Russia, Stati Uniti, Iran, Siria. Chi troppo vuole nulla stringe, dice il proverbio. Soprattutto in una regione e in un mondo in cui gli antagonismi sono così forti che sembra difficile, a lungo termine, non scegliere da che parte stare. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati