Smarrimento
Scrivere poesie e scrivere racconti sono due discipline tanto diverse tra loro quanto la fotografia e il cinema. Ma l’esordio narrativo della poeta Frances Leviston mostra che le si può padroneggiare entrambe. Ognuno dei dieci racconti di La voce dentro parla di una donna diversa chiamata Claire, nome appropriato per personaggi che illuminano aspetti della vita moderna. In uno dei racconti Claire, tornata a casa dopo tre anni di lontananza, si mette a cucire in segreto un vestito da indossare al matrimonio di sua cugina. Fantastica di mettere in ombra la sposa, e sua madre aleggia sulla soglia della camera dove è stata bambina, offrendo cure ma ostacolando gli sforzi della figlia per modellare un nuovo sé. Un altro racconto parla di un robot di assistenza assunto per badare alla madre di un’altra Claire mentre lei va nei Paesi Bassi per una borsa di studio. Una Claire torna nell’hotel greco dove la sua amica è stata aggredita sessualmente a 15 anni mentre erano in vacanza con i genitori permissivi. La “voce dentro” del titolo proviene dall’auricolare di una Claire che fallisce la sua grande occasione in tv mentre riferisce del suicidio di un adolescente che aveva avuto una relazione con un insegnante. Il racconto finale ritrae abilmente le dinamiche di potere in una relazione tra due giovani accademici nell’era delle battaglie per i diritti civili. La coppia si contende il controllo, chiedendosi reciprocamente in modo passivo-aggressivo i progressi delle loro ricerche, ma la vera partita per il potere si gioca in camera da letto.
Mia Levitin,
Financial Times
Forse l’idea più radicale di Le cattive la dice Tía Encarna: “Essere trans è una festa”. Una festa. E poi la protagonista, Camila stessa, racconta la sua storia, dolore dopo dolore, umiliazione dopo umiliazione; percosse, inganno e annientamento. Il libro si apre con una straziante citazione di Gabriela Mistral: “Saremo tutte regine”. Regine, in questo caso, del parco Sarmiento, a Córdoba, dove di notte un gruppo di trans va incontro ai desideri sessuali dei clienti più diversi e dove la protagonista arriva giovanissima a prostituirsi “divorata dal destino che era stato programmato per lei”. Tía Encarna trova un bambino che giace in un fosso e decide di crescerlo. La storia di questo legame segna l’inizio e la fine del libro. Nel mezzo, Sosa Villada racconta di ragazzi che arrivano “con la voglia di superare i confini, di essere i più veloci dell’occidente, di fare male, di vendicarsi”, di qualche amore, del rifiuto dei genitori, della “violenza invisibile di qualsiasi transazione con un cliente”.
Patricia Kolesnicov,
Clarín
Vite di passaggio incarna una letteratura luminosa che innalza generosamente i lettori senza oscurare i conflitti. Sacha sta attraversando una crisi di mezza età. Scrittore parigino, scapolo senza figli, decide di cominciare una nuova vita trasferendosi in una piccola città nel sudest della Francia. Là incontra un amico della sua giovinezza, un uomo con un folle senso di libertà, la cui passione per la vita s’incarnava nella pratica frenetica dell’autostop in cui coinvolgeva Sacha, con la motivazione che l’amico doveva “vivere” prima di “scrivere”. L’uomo che Sacha ha sempre chiamato solo “l’autostoppista” ora ha una compagna ed è un padre realizzato. Ma continua a fare l’autostop e lascia regolarmente la famiglia per vivere nuove avventure e mantenere lo spazio necessario affinché la sua vita si apra a nuove possibilità. L’autostoppista ha raggiunto ciò che tutti sognano in segreto? L’autostop è una bella metafora dell’apertura agli altri e delle virtù dell’ospitalità, che il romanzo esplora in tutti gli aspetti.
Florence Bouchy,
Le Monde
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