Cultura Suoni
Labyrinthitis
Destroyer (Bella Union)

Se avete ascoltato distrattamente questo tredicesimo album dei Destroyer, avrete pensato che fosse interessante. Abbastanza melodico, con una produzione tipo quelle trendy di metà anni ottanta e qualche beat alla Art of Noise per animare la serata. Ma più attenzione si concede a Labyrinthitis, più si scopre quanto sia amabilmente sbagliato. È un’esperienza sconcertante, intrigante, a volte irritante e di sicuro inebriante. Tutti gli elementi musicali vengono accostati l’uno all’altro in maniera originale. Prendiamo It’s in your heart now: i primi secondi sembrano un incidente ritmico, ma poi tutto si fonde nell’andamento malinconico e oscuro dei sintetizzatori. Nei testi Labyrinthitis diventa ancora più idiosincratico. Si va dalle battute tipo “Hai pagato bei soldi per la tua vista da un milione di dollari” ad assurdità gnostiche e frasi da maestri zen maleducati. L’album finisce in modo splendido sulle note delle tastiere e le percussioni elastiche di The states, che negli ultimi due minuti e mezzo diventa un’eco di note distorte che si trasformano in prospettive alla De Chirico. E poi arriva The last song, una canzoncina che ricorda la teatralità di Lou Reed in Good­night ladies. Se il titolo del disco fa pensare a un vasto labirinto può andare ma sarebbe più adatto interpretare Labyrinthitis nel suo significato letterale: una malattia dell’orecchio, in cui è però la musica a farti perdere l’equilibrio.

David Murphy, Music Omh

Gifted
Koffee (Nwaka Okparaeke)

La prima voce che si sente nell’album di debutto di Mikayla Simpson, in arte Koffee, non appartiene alla cantante ventiduenne, ma a Bob Marley. Il campionamento del brano del 1980 Redemption song s’intreccia con l’arrangiamento minimalista del brano di apertura X10. Come le citazioni dei testi di Bam bam di Sister Nancy e Uptown top ranking di Althea & Donna nel suo ep del 2019, questo dice molto sul profondo legame di Mikayla Simpson con la storia del reggae e sulle ambizioni commerciali che si nascondono dietro al suo esordio Gifted. La Giamaica non ha prodotto una popstar globale dai tempi di Sean Paul, il cui picco è stato vent’anni fa, ma Koffee sembra determinata a farcela. Gifted è un disco intelligente e fantasioso, che suona commerciale senza seguire ossessivamente le tendenze attuali: tutto quello che potresti chiedere a una pop star, quella che Koffee potrebbe diventare presto.

Alexis Petridis, The Guardian

Mainstream sellout

“Il mainstream ti sta aspettando! Dagli quello che vogliono!”, urla Colson Baker nel brano che dà il titolo a Mainstream sellout. Il rapper diventato rocker ha messo insieme 13 pezzi che avvolgono un’angoscia generica attorno a un pacchetto grunge pop stereotipato. È il genere di musica che ti aspetteresti di ascoltare nel negozio della Vans del tuo centro commerciale. Questo è il sesto album di Baker nei panni di Machine Gun Kelly e segue in modo approssimativo l’arco della sua vita fino a oggi. Assistiamo al suo viaggio da ragazzo problematico e figlio di divorziati e al periodo da rapper e giovane celebrità, arrivando all’incontro con l’anima gemella, l’attrice Megan Fox. I riff sono abbastanza buoni per fare headbanging. Ma il produttore Travis Barker (dei Blink-182) satura troppo il suono. O forse questa è solo la reazione di una critica britannica a uno stile punk che funziona meglio in America. Alla fine Main­stream sellout è orecchiabile, però è un po’ noioso, no?

Helen Brown, Independent

C’è qualcosa di straordinariamente appagante nel fare un viaggio attraverso tutte le sinfonie di Jean Sibelius in un giorno solo. L’evoluzione e il perfezionamento del linguaggio e dell’espressività, la giustapposizione di romanticismo e innovazione: ogni dettaglio è chiarito e rinnovato. Ed è proprio quello che succede ascoltando questo ciclo, registrato nel 2021 dalla Filarmonica di Oslo con il suo nuovo direttore, il giovane maestro finlandese Klaus Mäkelä. Dovendo sintetizzare quali sono le qualità del suo lavoro, possiamo dire che unisce una profonda organicità della visione a un costante senso d’improvvisazione. Ogni appassionato ha un suo ciclo delle sinfonie di Sibelius preferito e questo merita di essere considerato tra i migliori: è compiuto, penetrante e ricco di tutta la bellezza che rende le opere del compositore finlandese perennemente emozionanti. È un esordio davvero molto promettente.

Edward Seckerson, Gramophone

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1454 - 1 aprile 2022

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