Se fosse un film, il lancio di Prima che mi sfugga sarebbe semplice. Un fratello e una sorella s’incontrano al capezzale del padre che ha sempre suscitato in loro sentimenti ambivalenti. Affrontano il percorso tristemente banale dell’ospedale e delle sue bugie. Poi devono occuparsi del funerale e sistemare la sua casa. È un’occasione per far risorgere i ricordi contrastanti di un uomo enigmatico. Ma poiché si tratta di un libro e la protagonista si chiama Anne Pauly, come l’autrice, il rapporto con la realtà è un po’ diverso. Così, nel corso dei ricordi, questo padre “fine ma maldestro, gentile ma brutale, generoso ma egocentrico”, appare alternativamente agli occhi dei figli e del lettore come uno studioso innamorato del buddismo o un alcolizzato che picchia la moglie. Anne, una “lesbica di sinistra” e un’orfana addolorata, lo descrive per mezzo di ossimori – “un mostro accattivante”, “un orco timido” – come se non potesse decidere quale sentimento debba prevalere. Ma la questione assillante rimane quella di trovare un senso in questa “accozzaglia di niente” lasciata dal padre alla posterità. Le liste vertiginose di oggetti da ordinare, buttare via, conservare – una protesi di gamba, vecchie analisi mediche, una collezione di batterie usate, un panciotto – ci fanno sentire il vuoto opprimente della vita quotidiana e rimandano ognuno di noi al proprio inventario tragicomico. Quale valore, quale significato si può dare a questa accozzaglia di oggetti, ricordi e impressioni tra il banale e il sublime?
Camille Laurens, Le Monde
Ethan Hawke ha un bel coraggio. Ma ha anche molto talento. L’attore e regista è anche conosciuto come l’uomo che ha tradito Uma Thurman e le ha offerto scuse improbabili sui bisogni sessuali di grandi uomini come Martin Luther King, John F. Kennedy e lui. Ora, circa quindici anni dopo quell’imbarazzo cosmico, pubblica il romanzo Un raggio di buio. Parla di una giovane star del cinema che è stata sorpresa a tradire la sua splendida moglie, ed esplora le esigenze della recitazione e le megalomanie della virilità con enorme verve e intuito. Un raggio di buio si apre durante una tempesta mediatica che scoppia quando il giovane rubacuori William Harding è avvistato a Città del Capo, in Sudafrica, con una donna che non è la moglie rockstar. Mentre la sua vita va in pezzi, William sa di essere un paria internazionale, l’uomo-bandiera dell’infedeltà. Per quanto tutti intorno a William lo considerino un grande stronzo, noi – i suoi intimi confessori – sappiamo che è un romantico inguaribile, ferito e confuso. Ora, a 32 anni, William deve tornare in sella, smettere di lamentarsi e crescere, il tutto mentre sta per debuttare a Broadway nel ruolo di Hotspur in una sontuosa produzione dell’Enrico IV di Shakespeare. Modellare l’intero romanzo intorno a questa produzione fornisce una cornice che drammatizza, letteralmente, i temi della storia. Hawke è eccezionale nell’evocare il silenzio della sala, il brivido degli attori teatrali, il senso magico di una performance che si muove nel tempo. Fortunatamente, lo spettacolo è anche un’opportunità per uscire da se stesso ed essere qualcun altro, proprio nel momento in cui ne ha bisogno. Hawke ha scritto un romanzo arguto, saggio e sofferto su un giovane viziato che cresce e diventa, a fatica, una persona migliore.
Ron Charles, The Washington Post
Oltre a darci una visione elettrizzante della violenza in Messico, Paradais è una lezione di ritmo narrativo. Un battito ipnotico accompagna le vite poco virtuose dei protagonisti nella loro rivolta contro sé stessi e i loro simili. Vite disparate: quella di Jacobo, l’adolescente viziato, e quella di Polo, il giardiniere quasi adulto. Appartengono a mondi opposti ma finiscono per essere uniti dalla solitudine. Qualcos’altro li unisce: il veleno dell’ossessione. Il primo “non parlava d’altro che di scopare la signora Marián, di farla sua con le buone o con le cattive”. L’altro pensa solo a lasciare la sua casa misera e sporca per incontrarsi con suo cugino, piccolo criminale. Fernanda Melchor ha un’idea elastica del presente: mentre la ragione vacilla nella morsa dell’ossessione e gli eventi cominciano a muoversi ad alta velocità, lei recupera frammenti del passato. Si parla di violenza sessuale, certo, ma anche della violenza esercitata quotidianamente dal riccastro sui suoi servi, dalla madre odiosa sul figlio, dal rapitore sulla sua vittima. In questo senso, il tempo di Paradais non è solo quello del vortice che spazza via tutto, ma anche quello dell’umiliazione, della sottomissione e della legge del più forte. I romanzi di Fernanda Melchor ci costringono a pensarci come esseri condannati a non avere illusioni.
Roberto Pliego, Milenio
Il romanzo epistolare di Anne Youngson segue la corrispondenza tra Tina Hopgood, la moglie di un contadino del Suffolk, e il professor Anders Larsen, curatore di un museo danese. Comincia come un’indagine sull’Uomo di Tollund, una mummia risalente all’età del ferro, e sui piani contrastati di Tina di visitare il museo, ma presto si sviluppa in una preziosa amicizia. Mentre i due entrano in discussioni dettagliate sulla storia e l’archeologia, così come condividono dettagli intimi sulle loro vite familiari, il libro diventa una meditazione riflessiva e gentile sulle passioni sepolte, i rimpianti, l’amore, il dolore e la solitudine. E offre una speranza di cambiamento, riflettendo sul significato di una vita ben vissuta. Hannah Beckerman, The Guardian
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