Cultura Libri
Lutto
128 pagine, 19 euro

Quelle cifre tatuate sul braccio del nonno polacco che, da bambino, il guatemalteco Eduardo Halfon pensava fossero un numero di telefono (69752), come gli aveva detto il nonno ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio, e che appaiono spesso, in una forma o nell’altra, nei testi dello scrittore, sono il codice a barre della sua letteratura, di quella delicata e straordinaria narrativa, opportunamente ripetitiva – è un segno d’identità, non un difetto – che ruota intorno alla propria famiglia, ebreo-araba da parte libanese ed ebrea da parte polacca, un puzzle in cui si combinano lingue come l’arabo, l’ebraico, lo yiddish, il francese, l’inglese e lo spagnolo. In Lutto, il suo libro più recente, ricompaiono personaggi abituali degli scritti precedenti e altri si aggiungono al fecondo e prezioso cast familiare. Verità, bugie e segreti riempiono i cassetti delle famiglie, e uno di essi, la morte del piccolo Solomon, permette a Halfon di scavare in questa memoria trasformata in finzione. Una morte, reale o meno, che gli dà l’opportunità di trovare qualcosa di saldo nel contesto guatemalteco, e di cercare in una geografia reale ciò che la memoria può finire per confondere. Quella dura, e molto bella, terra di origine, quel lago in cui forse il piccolo Solomon non è mai annegato, ma in cui sono annegati altri bambini, altre voci, altre vite, altri sguardi. Con questi racconti Eduardo Halfon compone una bella ballata, un romanzo delicato in poco più di cento pagine.
Javier Goñi, El País

Tra le pagine
280 pagine, 18,00 euro

Lo scrittore austriaco Joseph Roth, ricordato per il suo capolavoro La marcia di Radetzky, ne aveva anticipato molti temi nel terzo romanzo, La ribellione, pubblicato per la prima volta nel 1924. È la storia di Andreas Pum, un reduce della prima guerra mondiale che ha “perso una gamba e ha ricevuto una medaglia”. Il libro è allo stesso tempo un racconto realistico e una specie di parabola, e mostra come uno spirito inizialmente accomodante, di delusione in delusione, sia spinto alla furia. Pum si aggrappa alla vita solo “per ribellarsi: contro il mondo, contro le autorità, contro il governo, contro Dio”. Hugo Hamilton usa l’avventuroso espediente di usare una copia della prima edizione del libro di Roth come narratore. “Sono venuto alla vita tra le guerre”, dice al lettore. Al centro della trama c’è un giallo piuttosto semplice: Lena Knacht, artista che vive a Manhattan con il marito Mike, è figlia di un’irlandese e un tedesco, da cui ne ha ereditato una copia. In fondo al libro c’è un diagramma disegnato a mano: è l’indizio di una specie di caccia al tesoro? Lena ha un solo un modo per scoprirlo: andare sul posto. Fortuna che in Germania sta per inaugurare una mostra delle sue opere. Apprendiamo che il libro originariamente apparteneva a David Gluckstein, un professore ebreo di letteratura tedesca a Berlino, che lo diede al nonno di Lena, uno dei suoi studenti, perché lo custodisse durante i roghi nazisti del maggio 1933. Il libro è quindi un testimone della storia.
Andrew Motion, The Guardian

Gente d’agosto
335 pagine, 18,50 euro

Nonna Tanya stava scrivendo le sue memorie da molti anni. Era una persona riservata, aveva vissuto cose terribili. Suo nipote riceve come dono quelle memorie. È la fine dell’estate 1991, il colpo di stato comunista è fallito e il tempo del riscatto è arrivato, almeno per la “gente d’agosto”, quei russi che ora sperano nella libertà e nella verità. Il protagonista, di cui non conosciamo il nome, è uno di loro e si mette sulle tracce di alcune persone citate nel libro della nonna. Il passato non è finito, spinge per emergere. Il libro di Sergej Lebedev dipinge un quadro scioccante della Russia post-sovietica. Si percepisce quanto profonda dev’essere stata la distruzione della società e degli individui. Eppure manca qualcosa a questo grande romanzo: sembra troppo calcolato, come se tutto partisse da considerazioni politiche che poi dovevano essere rivestite di letteratura. Il romanzo indaga su due fallimenti: l’esperimento sovietico e il tentativo di salvarsi dalla sua opera di distruzione aggrappandosi alla fedeltà personale, alle relazioni familiari, all’amore. Alla fine tutto è inutile, e il narratore scopre che il mondo sovietico del tradimento e del controllo onnipresente è tornato.
Stephan Speicher, Die Zeit

La fine del giorno
336 pagine, 20,00 euro

La fine del giorno è ambientato in una piccola città del Connecticut lacerata da scontri di classe. C’è un groviglio di personaggi con vite che si sovrappongono, e capitoli che si alternano. Segreti e tradimenti del passato minacciano di esplodere. Solo che qui la redenzione non è facile. Dana Goss è la forza tossica che guida la narrazione, una ricca ereditiera bisessuale che tratta il suo staff come feccia. Il romanzo si apre con lei che si prepara a presentarsi a casa della sua amica d’infanzia Jackie con una valigia malconcia. Dentro ci sono documenti che descrivono dettagliatamente eventi passati che Jackie, ora vedova con nipoti, preferirebbe non conoscere. Lupita Lopez – un’immigrata messicana il cui padre violento era il giardiniere della famiglia Goss – è una pedina nei giochi manipolatori di Dana. Gran parte del romanzo si svolge nel passato. I flashback danno una versione diversa di quello che è successo. Ci sono scene interessanti, le descrizioni sono impressionanti. Il problema è la storia di fondo, perché Clegg non scende nei dettagli. Eppure, il romanzo riesce nel suo scopo di osservare come il passato può far deragliare il presente e come può essere messo a riposo.
Francesca Angelini, The Times

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1456 - 15 aprile 2022
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