Nel cinema le assistenti di volo, da La calda amante a Jackie Brown, sono ideali per cogliere lo spirito del tempo. Da questo punto di vista, il racconto di Julie Lecoustre ed Emmanuel Marre è feroce. Cassandra, 26 anni, lavora per una compagnia low cost e vive in un residence a Lanzarote, in Spagna. Libera come l’aria (senza fidanzati o altri legami), ma costretta a ritmi rigidi, sembra vivere in una costante corsa in avanti, mai però proiettata nel futuro. I due giovani registi, al loro esordio, sono bravissimi a evidenziare contrasti in ogni aspetto della vita della loro protagonista e, nella prima ora di film, a rivelare i meccanismi di un sistema alienante, senza rinunciare a un po’ di umorismo liberatorio e ribelle. Adèle Exarchopoulos è straordinariamente credibile. Sembra molto vicina a se stessa eppure incarna il ritratto di una generazione e inoltre il destino di chiunque sia costretto a mascherare le sue fragilità nel ruolo sociale o professionale. Quando Cassandra finalmente torna in Belgio, a casa della famiglia, c’è un cambio di ritmo che può sconcertare ma che non è affatto incoerente nella lucida e affascinante esplorazione del nostro mondo compiuta dagli autori.
Louis Guichard, Télérama
Francia / Belgio 2021, 110’. In sala
Francia / Germania 2019, 113’. In sala
Only the animals è ambientato in una regione del Massiccio Centrale, in Francia, splendida e selvaggia. Specie d’inverno, deserta e silenziosa. La routine del contadino Joseph (Damien Bonnard), dell’assistente sociale Alice (Laure Calamy) e di suo marito Michel (Denis Ménochet) è spezzata dalla notizia della scomparsa di una donna, Évelyne (Valeria Bruni Tedeschi), la moglie borghese di un notabile della zona. Abitano in una lussuosa casa isolata. Li conoscono tutti, ma da lontano. Évelyne avrà un capitolo dedicato a lei, in flashback, come tutti gli altri personaggi del film. Li vedremo nei momenti che precedono la tragedia, ognuno protagonista di una storia intima che aggiunge un dettaglio all’enigma al centro della storia. C’è qualcosa di Chabrol nel modo caustico in cui Dominik Moll descrive la società di provincia e scopre, un po’ alla volta, cosa si nasconde dietro le apparenze. Fantasie, passioni, frustrazioni, ricatti e ingenuità a cui gli attori danno carne e verità.
Marie-Noëlle Tranchant, Le Figaro
Stati Uniti / Regno Unito 2021, 128’. In sala
L’operazione Mincemeat fu un bizzarro piano messo a punto nel 1943 dai servizi segreti britannici per far credere ai nazisti che gli alleati sarebbero sbarcati in Sardegna e in Grecia invece che in Sicilia. Il corpo di un vagabondo, adeguatamente travestito, fu abbandonato dai britannici in mare vicino alle coste spagnole con indosso dei falsi ordini, confidando che il controspionaggio spagnolo li passasse diligentemente ai tedeschi. L’arma dell’inganno è uno di quei film derivati dal successo del Discorso del re (The imitation game, L’ora più bella, L’ora più buia) in cui si racconta la guerra vissuta da casa, più che sul campo di battaglia, e che pongono l’enfasi sulla moralità, la strategia e la politica, puntano a un’intelligenza emotiva più moderna.
Peter Bradshaw, The Guardian
Norvegia / Svezia / Danimarca 2019, 125’. In sala
Non è il film ideale per un pubblico in cerca di evasione. Ma bisogna dire che Hope, dramma autobiografico della regista e scrittrice norvegese Maria Sødahl, non è né pietistico né sentimentalista e sdolcinato. Al contrario è un’analisi brutalmente onesta delle difficoltà di un rapporto già stanco, di fronte a una terribile nuova realtà. Anja (Andrea Bræin Hovig) e Tomas (Stellan Skarsgård) hanno una bella casa, sei figli in comune e una relazione di vent’anni alle spalle. Ma quando scoprono che Anja ha un male incurabile il loro rapporto mostra tutte le sue debolezze e la distanza emotiva tra i due rimane una costante devastante. Ci vuole coraggio per tenere dritta la barra fino all’ultimo fotogramma.
Jeannette Catsoulis, The New York Times
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