Cultura Libri
Un fantasma in gola
272 pagine, 22 euro

Il lamento per Art ó Laoghaire di Eibhlín Dubh Ní Chonaill, poesia irlandese del settecento, parla di una donna in lutto per il marito e furiosa per il suo omicidio. Doireann Ní Ghríofa l’ha letta per la prima volta quando era una studente. Quando ci si è imbattuta di nuovo era già sposata e a metà di un decennio in cui era sempre incinta, allattava o entrambe le cose, e le sue giornate erano piene del lavoro faticoso di crescere quattro bambini. Nei momenti di solitudine, invariabilmente accompagnati da un tiralatte, studiava la fotocopia logora della poesia, “invitando la voce di un’altra donna ad abitare la mia gola per un po’”. Questo libro è molte cose insieme: una reimmaginazione di una vita del settecento che combina l’erudizione con la verve immaginativa; il resoconto di un’ossessione e una meditazione sui limiti della biografia; un memoir post-femminista sulla maternità. Non è un libro semplice. Magari è stato scritto in ritagli di tempo tra la cena e il letto, ma l’autrice non ha peli sulla lingua riguardo alla soddisfazione che trova nel lavoro casalingo e nelle faccende domestiche. Il libro comincia con le parole che diventeranno il suo ritornello: “Questo è un testo femminile”. Intrecciando la propria esistenza con la storia di una poesia antica e della sua autrice trascurata, Ní Ghríofa estende l’idea di testo femminile per includere non solo l’abnegazione e le cicatrici, ma anche l’allegria, il desiderio e la feroce e costante curiosità.
HephzibahAnderson, The Guardian

Trust
384 pagine, 19,00 euro

Trust è un romanzo ricco e sfaccettato, giocato sul duplice significato della speculazione, sia come l’accumulo di ricchezza attraverso il mercato azionario, sia come la creazione di storie per definire il passato. Il metodo di Hernan Diaz consiste nel contrapporre interpretazioni contrastanti della vita del finanziere Andrew Bevel, la cui carriera raggiunse l’apice con il crollo del 1929, quando guadagnò centinaia di milioni di dollari. La prima delle quattro sezioni del libro prende la forma di una novella popolare basata sulla vita di Bevel, ritratto come un genio emotivamente represso che portò la moglie alla follia. Segue l’autobiografia incompiuta di Bevel, un resoconto autocelebrativo volto a ripristinare la sua reputazione e a confutare le calunnie sulla moglie Mildred. Una terza sezione è raccontata dalla ghostwriter delle memorie di Bevel, Ida Partenza. Infine, portato alla luce decenni dopo, c’è il diario privato di Mildred. Gran parte di questo eccellente lavoro è vanificato dalla voce conclusiva del diario di Mildred, che di fatto cancella i misteri finemente calibrati del romanzo. Diaz sceglie la spiegazione diretta piuttosto che l’ambiguità, lasciando i lettori con una domanda: quanto può essere bello un libro con un brutto finale?
Sam Sacks, The Wall Street Journal

Tutto è bene
352 pagine, 24,00 euro

Non tutto è bene nel nuovo romanzo di Mona Awad. Miranda Fitch, la dolente e triste protagonista, un tempo era un’attrice teatrale di discreto successo, felicemente sposata. Quando la storia comincia, è un’insegnante di teatro divorziata e dipendente dai farmaci. È tormentata da dolori alla schiena e all’anca. La sua gamba destra è rigida come il cemento, il suo piede sembra essere polverizzato. Oltre ai disturbi fisici, Miranda è anche alle prese con una banda di studenti ammutinati. Come regista, per la produzione annuale di Shakespeare, ha scelto la commedia Tutto è bene quel che finisce bene. Ma i ragazzi avevano altre idee. Volevano l’omicidio, la follia, le streghe (insomma, Macbeth) e ora vogliono il sangue di Miranda, perché lei ha opposto resistenza. Finché Miranda incontra tre uomini un po’ sinistri, vestiti di scuro, in un pub. Questi uomini sanno molte cose. Conoscono il suo nome, i suoi studenti scontenti. Sanno del suo dolore debilitante e della sfilata infinita di chirurghi e fisioterapisti (maschi) che ha visto, che sminuiscono e liquidano la sua agonia, che le dicono che il problema è nella sua testa. Gli uomini le mostrano un trucco che può cambiare la sua vita e la farà guarire. Un trattato sul dolore spaventoso, straziante e diabolicamente intelligente, in particolare sul dolore vissuto dalle donne.
Nneka McGuire, The Washington Post

Dolce introduzione al caos
256 pagine, 16,00 euro

Il romanzo di Marta Orriols è così attuale e contemporaneo che potrebbe essere interpretato da noi stessi o da uno dei nostri amici. Marta e Dani, fotografa e sceneggiatore, si amano e hanno cominciato una vita insieme, a Barcellona. Fanno parte dell’enorme massa di giovani con studi universitari, istruiti e viaggiatori, che hanno lavori precari e ansia esistenziale. Marta Orriols descrive poeticamente la quotidianità e l’inevitabile smussamento degli attriti di una relazione al suo inizio. Raggiunge grandi profondità emotive per esprimere cose a cui tutti abbiamo pensato. Il dubbio, l’incertezza, la paura di sbagliare, il rischio della scelta, i sogni soffocati, “la sensazione di aspettare qualcos’altro” e tutti quei processi di maturazione che sono carichi di amore e di lacrime. Dopo la pandemia, la realtà è talmente cambiata che Orriols ci parla di un presente che non esiste più, quella vecchia normalità di cittadini istruiti e tecnodipendenti, di spazi lavorativi, nanomedicina, viaggi, concerti, hacker, droni e maternità surrogata, di cittadini che non sapevano nulla dell’imminente pandemia mondiale eppure vivevano nella paura di una realtà che era già caotica e minacciosa.
Soledad Garaizábal, El Imparcial

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1466 - 24 giugno 2022
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