Il documentario di Kiwi Chow, presentato a Cannes, è il resoconto della battaglia per l’autonomia di Hong Kong che il governo cinese non vorrebbe mai farvi vedere. Usando un vero e proprio martellamento di materiale ripreso da webcam e droni, Revolution of our times copre sei mesi di proteste scoppiate nel 2019 dopo l’approvazione della legge che permette l’estradizione dei cittadini di Hong Kong in Cina. Vediamo persone di ogni età, soprattutto giovani, che scendono in piazza per condannare questo attacco alla loro libertà e per far conoscere al mondo la loro ribellione al controllo cinese. E finiamo in prima fila attraverso il punto di vista di giornalisti che hanno seguito la vicenda molto da vicino, come Gwyneth Ho, che nel frattempo è stata arrestata. Vediamo lacrimogeni sparati senza motivo, adolescenti che cercano di ripararsi dai manganelli, un uomo di settant’anni travolto dalle truppe antisommossa, una folla di persone in camicia bianca che attaccano gli attivisti sotto gli occhi delle autorità, che non muovono un dito per impedire la violenza. Siamo testimoni anche dell’aspro scontro all’interno del movimento di protesta tra i pacifisti e i cosiddetti valiant (audaci) pronti a rispondere con atti di vandalismo e l’uso delle molotov alla brutalità delle autorità. Il regista del film, Kiwi Chow, hongkonghese di 42 anni, organizzando in modo preciso una grande quantità di materiale mostra chiaramente da quale parte sta. C’è poco da dire su questo suo schierarsi in modo quasi sfacciato. Fa vedere così tanto sangue versato in nome della democrazia, così tante lacrime, che è impossibile non farsi coinvolgere.
Tim Robey, The Daily Telegraph
Australia 2022, 97’. In sala
Anthony Hayes non è certo il primo regista a essersi reso conto che il deserto australiano offre un’ottima base di partenza per distopie di vario genere. Il suo thriller di sopravvivenza, duro e teso, enfatizza la vastità del nulla che riempie lo schermo. Zac Efron, sudicio e sfigurato, ci accompagna in “un futuro non poi così lontano” in cui il mondo è ormai ecologicamente compromesso. Allo stesso tempo Hayes è abbastanza furbo da non esplicitare che si tratta dell’Australia, salvando la sua giovane star dall’imbarazzo di impersonare un australiano, impresa che ha fatto soffrire fior di attori. Efron e Hayes interpretano due non meglio definiti uomini che vanno nel deserto dove Uno ha trovato un enorme pezzo d’oro. Uno insiste per restare a guardia del tesoro, anche se non conosce bene il deserto, mentre Due va in cerca di una scavatrice. Il caldo e le condizioni estreme spingeranno presto Uno al limite della sua resistenza. Gold è una produzione minimalista e la messa in scena è intelligente. Una delle cose migliori è proprio come ci fa capire che ci troviamo in un mondo distopico senza farcelo mai davvero vedere. Ma il suo pregio è anche il suo maggiore difetto, perché il vuoto è intrigante, ma anche maledettamente vuoto.
Luke Buckmaster, The Guardian
Francia / Belgio 2021, 89’. In sala
Una trama che ricorda una partita a Cluedo, un cast di lusso, personaggi brillanti. Mistero a Saint-Tropez ha tutti gli elementi per catturare il pubblico estivo. Nella Costa Azzurra degli anni settanta, il miliardario Claude Tranchant (Benoît Poelvoorde), convinto di essere stato vittima di un attentato, si rivolge al suo amico ministro Jacques Chirac perché gli metta a disposizione il miglior poliziotto di Parigi. Ma in piena estate l’unico disponibile è l’arrogante e incompetente commissario Botta (Christian Clavier). Ci sono commedie recenti che prendono in giro il genere poliziesco decisamente più intelligenti di questa. Cena con delitto per esempio. Ma il personaggio di Botta è irresistibile. Clavier, che ha partecipato anche alla sceneggiatura, si diverte a interpretare un personaggio che gli va a pennello, e noi ci divertiamo con lui. Surfando sulla nostalgia degli anni settanta, il ritmo di una sceneggiatura senza storia è tenuto in piedi dalle gag e dagli scambi di Botta con altri personaggi deliranti (tra cui Thierry Lhermitte, Gérard Depardieu e Rossy de Palma). Insomma, si può tranquillamente cedere alla tentazione di sfogliare questo fumettone estivo.
Lucie Vidal, La Voix du Nord
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