Il primo album di Burna Boy è stato pubblicato quasi dieci anni fa, ma solo negli ultimi tempi l’artista nigeriano, vincitore di un Grammy nel 2021, ha raggiunto la fama internazionale grazie alla sua miscela di afrobeat, dancehall, rap, pop e rnb. Love, Damini (“È così che mi piace firmare tutte le mie lettere. È un titolo un po’ personale”, commenta lui) è il sesto disco del cantante, il cui vero nome è Damini Ogulu, e un’opportunità per i fan di entrare nella sua mente e nel suo cuore. Il singolo principale dell’album, Last last, è una canzone rincuorante su un amore finito male, grazie alla voce e ai testi sinceri di Burna, e recita: “Lei manipola il mio amore”. Questo pezzo è un ottimo esempio di come rielaborare gli anni 2000: Burna Boy fa suo He wasn’t man enough for me di Toni Braxton e ci costruisce sopra la canzone. La voce liscia e seducente di Whiskey è sovrapposta a una chitarra e a dei fiati dolci, mentre l’atmosfera inquietante di prepara il terreno per il flusso poetico del rapper J Hus. Anche se Burna Boy ha sempre intrecciato elementi pop nella sua musica, questo stile è troppo onnipresente nella seconda metà dell’album. La popstar britannica Ed Sheeran fa un’apparizione in For my hand e, nonostante i due si armonizzino bene insieme, la melodia banale e il testo un po’ troppo da manuale rendono il brano sdolcinato. Lo stesso si può dire di Wild dreams , dov’è ospite il cantautore statunitense Khalid; qui, come altrove, un arrangiamento scialbo di pianoforte frena un momento ispirato dell’album.
Kadish Morris, The Observer
Prima che i fan della techno si entusiasmino troppo, dobbiamo dire che il terzo album di Gwenno Saunders non è un concept album sul leggendario locale notturno berlinese. Tresor nella lingua parlata in Cornovaglia significa tesoro, una parola che rappresenta bene la musica che contiene. Cantato interamente in cornico, appunto, questo disco è un’esplorazione del punto di vista femminile, ispirato da alcune scrittrici, in particolare, dalla poeta Phoebe Proctor. Come nel precedente Le Kov, questo lavoro non richiede sforzi straordinari a chi lo ascolta perché la musica parla chiaramente da sé. La lingua scelta dall’artista ha già un effetto mistico e magico, rinforzato poi dalla musica creata e prodotta insieme a Rhys Edwards. Tresor è una celebrazione della maternità e dei grandi spazi aperti. Registrato a St Ives prima del lockdown e completato in seguito a Cardiff, con le sue melodie folk è radicato nella geografia dei luoghi in cui è nato. Ma oltre a queste meraviglie naturali, nasconde turbamenti personali e ansie per l’attualità politica. Come l’unica canzone in gallese, N.Y.C.A.W. (il Galles non è in vendita), che protesta contro le disuguaglianze economiche. Altrove procede come una sequenza onirica, facendo ricordare le cose migliori dei Broadcast. Tresor prova, ancora una volta, quanto Gwenno sia un’artista unica con molto da dire.
Ben Hogwood, Music Omh
Quando Georg Muffat (1653-1704) tornò a Salisburgo dal suo soggiorno romano portò con sé cinque sonate che erano sicuramente state sottoposte al severo giudizio di Corelli. Sono quelle di Armonico tributo e testimoniano la sua abilità nel gestire lo stile italiano e quello francese, con le danze che vanno insieme alla tecnica, allora innovatrice, del concerto grosso. Il compositore aveva previsto “molti oppure pochi strumenti”: Lars Ulrik Mortensen varia le possibilità (formazione da camera nella sonata III, solo archi nella IV, orchestra completa nelle altre) per un risultato sempre convincente. La vitalità s’accompagna a un perfetto equilibrio delle parti. Del Concerto Copenhagen si ammirano sempre la precisione, i colori e la sensualità: è un’interpretazione allo stesso tempo matura e giovanile. Mortensen e i suoi musicisti offrono il più compiuto omaggio discografico a Muffat.
Jérémie Bigoire, Diapason
Articolo precedente
Articolo successivo
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati